Il metodo ANTT® nella medicazione degli accessi vascolari
Era il 2015 e durante una conferenza a Roma gli accessi vascolari venivano definiti come il “sesto parametro vitale”. Questa affermazione è stata ripresa più volte nel corso del tempo, fino ad oggi. Certo, penserete voi, definire un accesso vascolare come il sesto parametro vitale può sembrare strano, azzardato e forse un po’ bislacco, ma in realtà apre la strada ad una serie di importanti riflessioni e considerazioni.
Gli accessi vascolari costituiscono un presidio che accompagna quasi sempre un paziente durante la sua degenza, praticamene in ogni setting, ad ogni livello di intensità di cura. Non solo in ospedale, ma anche a domicilio troviamo pazienti portatori di dispositivi vascolari, di ogni tipo. Dal mini-Midline fino al catetere per dialisi, passando dal Port-a-cath.
Solitamente l’accesso vascolare è il primo presidio che viene inserito sul territorio durante il soccorso extraospedaliero ed è l’ultimo presidio che viene tolto prima della dimissione (se viene tolto!). L’infermiere riveste un ruolo chiave nell’universo degli accessi vascolari. Oggi noi infermieri abbiamo un ruolo dall’impianto alla gestione, dall’educazione alla rimozione degli accessi vascolari. Un tema fondamentale riguarda la medicazione degli accessi vascolari, la quale viene eseguita dall’infermiere.
Perché un accesso vascolare deve essere medicato?
Perché si, è chiaro!
Va da sé che un accesso vascolare debba essere medicato in base alle indicazioni che ci danno le linee guida. Lo scopo della medicazione è quello di evitare le infezioni catetere correlate. Troppo spesso durante il nostro lavoro vediamo aghi cannula abbandonati a sé stessi sotto strati e strati di fasciature e cerotti (“tanto è un periferico, cosa sarà mai”) oppure CVC medicati in modi a dir poco fantasiosi. Le infezioni catetere correlate costituiscono una importante fetta delle infezioni ospedaliere. Si stima che a causa di queste infezioni la degenza possa aumentare fino a 13 giorni con una la mortalità del 20%.
Si definisce Catheter-Related Bloodsteam Infection (CRBSI) come una condizione clinica, nella quale è presente una diagnosi su reperti laboratoristici che identificano il CVC come fonte della batteriemia. Questo termine viene usato perlopiù in abito di ricerca. Mentre il Central Line Associated Bloodsteam Infection (CLABSI), usato in ambito clinico, identifica una infezione ematica primitiva, che si sviluppa in un paziente con dispositivo vascolare centrale entro le 48 ore dall’impianto.
La grossa fetta di queste infezioni riguarda gli accessi centrali, ma anche gli accessi periferici a breve termine possono provocare sepsi catetere-correlate. Si parla di percentuali molto basse, meno dello 0,5%, ma considerato il volume di aghi cannula posizionati ogni giorno si capisce come anche lo 0,5% possa diventare un numero rilevante su larga scala. Gli accessi vascolari centrali hanno una percentuale molto più alta, fino al circa 6% di incidenza di CLABSI.
Ovviamente ci sono molti fattori oltre la medicazione che possono portare alla colonizzazione batterica di un dispositivo vascolare: le linee infusionali, la contaminazione delle infusioni, la manipolazione del dispositivo, ma la migrazione di microorganismi dalla cute attraverso l’exit site riveste un ruolo importante ed è la causa più comune di CLABSI.
STOP! Prima di proseguire facciamo chiarezza sulla nomenclatura degli accessi vascolari centrali.
CICC – Centrally inserted central catheter | Catetere venoso centrale con puntura ed incannulamento di vene della regione cervico-toracica |
FICC – Femorally inserted central catheter | Catetere venoso centrale con incannulamento di vene della regione inguinale |
PICC – Peripherally inserted catheter | Catetere venoso centrale con puntura e incannulamento di vene profonde del braccio |
Quando deve essere medicato un accesso vascolare?
Gli accessi vascolari, di ogni tipo, centrali o periferici e arteriosi o venosi, si medicano ogni 7 gg, se con medicazione trasparente semipermeabile, altrimenti ogni 2 gg con cerotto medicato. È buona norma, inoltre, medicare dopo 24 ore un accesso vascolare a medio/lungo termine dopo l’impianto (Midline, CICC, FICC, cannula arteriosa, etc.). In più è scontato medicarli quando sono sporchi, se la medicazione è bagnata o staccata.
Come deve essere medicato un accesso vascolare?
Il grande dilemma che tiene svegli gli infermieri durante la notte. Come si medica un accesso vascolare? In modo sterile, con tecnica no touch? Me li metto o no i guanti sterili?
La medicazione degli accessi vascolari si basa ormai da molti, ma davvero molti, anni su alcuni punti fermi: medicazione trasparente semipermeabile, fissaggio sutureless, antisepsi con clorexidina 2% in soluzione alcolica, (e più recentemente) applicazione di biopatch e medicazioni con clorexidina. Sono state pubblicate da poco le nuove linee guida INS (Infusion therapy standard of practice), uno dei punti di riferimento per quando riguarda gli accessi vascolari.
Cosa è cambiato?
In realtà i punti cardine sono rimasi gli stessi, ma è stato introdotto un metodo (già esistente) da applicare durante la medicazione, in modo da schematizzare ogni passaggio, avere un approccio standardizzato e lavorare secondo dei bundle. Questo metodo si chiama ANTT®, ovvero “Aseptic Non-Touch Tecnique”. Molto semplicemente l’ANTT® prevede la protezione delle KEY-PART (parti chiave) e dei KEY-SITES (siti chiave), ovvero tutte le parti dei dispositivi che potrebbero contaminarsi e quindi contaminare il paziente. Questo metodo può essere applicato ad ogni tipo di procedura, in ogni contesto, in ogni setting: dalla introduzione di un catetere vescicale fino ad una operazione chirurgica. Ma vediamo nel dettaglio le 5 definizioni fondamentali in questo metodo.
Dato che non esiste una traduzione ufficiale in italiano userò i termini originali:
KEY-PART | Le parti dei dispositivi e del materiale necessario per la procedura che se contaminati possono contaminare il paziente (es. connettore NFC, ago da iniezione, punta della siringa, etc.) |
KEY-SITES | Ogni porta di accesso al paziente (es. dispositivo vascolare) |
GENERAL ASEPTIC FIELD | Campo di lavoro decontaminato e disinfettato fatto con un vassoio o una vaschetta. oppure con kit sterili già pronti |
CRITICAL ASEPTIC FIELD | Largo campo sterile fatto con teli sterili dove tutto il materiale utilizzato è nel campo sterile |
MICRO CRITICAL ASEPTIC FIELD | piccolo campo sterile (es. utilizzare l’interno di una confezione di un presidio sterile, come l’involucro di garze sterili o di una siringa) con lo scopo di proteggere in un micro campo sterile le parti chiave (KEY-PARTS) in modo individuale. |
Chiarite queste definizioni, le tecniche che possono essere utilizzate secondo il metodo ANTT® sono due, ovvero:
Standard ANTT: combinazione di precauzioni standard e protezione delle KEY-PARTS e dei KEY-SITES in modo individuale, utilizzato una tecnica no-touch e MICRO CRITICAL ASEPTIC FIELD dentro un GENERAL ASEPTIC FIELD. Questo metodo può essere utilizzato per procedure brevi, semplici, non invasive, nelle quali non risulti a rischio la protezione delle KEY-PARTS e dei KEY-SITES, come ad esempio: preparazione di un set infusionale, lock di un dispositivo vascolare e medicazione di un accesso vascolare. Se è previsto il contatto diretto con le KEY-PARTS o i KEY-SITES devono essere utilizzati i guanti sterili.
Surgical ANTT: precauzioni avanzate combinate all’utilizzo di vasto campo sterile (GENERAL ASEPTIC FIELD). Da utilizzare in procedure lunghe, complesse e dove il rischio di manipolazione/contaminazione della key part e KEY-SITES è alto, come, ad esempio l’impianto di un PICC.
E quindi?
Si tratta di un algoritmo molto semplice, che parte da una domanda: “per questa procedura sono in grado di proteggere ogni KEY-PARTS individualmente?”
Se “si” utilizza la Standard ANTT, se “no” utilizza la Surgical ANTT.
Generalmente, in base alla metodica appena esposta, per medicare un accesso vascolare, si deve utilizzare la Standard ANTT®, in quanto si tratta di una procedura semplice, di breve durata e dove tutte le KEY-PARTS e i KEY-SITES possono essere “protette” dall’operatore, utilizzando dei micro campi sterili.
Il concetto, a mio parere, più importante della tecnica ANTT®, come anche scritto nel nome, è l’utilizzo costante e metodico di una tecnica no-touch, indipendentemente dal tipo di guanti utilizzati, dalla grandezza del campo sterile, dal tipo di procedura. Anche durante l’impianto di un PICC, ad esempio, si deve cercare di manipolare il meno possibile i dispositivi e con tecniche no-touch. L’essere “sterili” mentre si lavora su un campo sterile, purtroppo, non garantisce mai una completa asepsi.
Andrea Giannini è un infermiere specializzato in accessi vascolari e terapia endovenosa, che lavora presso l’Unità Terapia Intensiva Cardiologica e Terapia Intensiva Covid dell’Ospedale San Giuseppe di Empoli.
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Bibliografia/Sitografia
- ANTT.org → al momento non è presente la lingua italiana. Però potete richiedere gratuitamente i bundle elaborati dalla associazione e le linee guida su questo metodo
- WoCoVA.com → uno dei maggiori riferimenti a livello mondiale
- Gavecelt.it → associazione di riferimento italiana in tema di accessi vascolari
- “Manuale Pratico dell’Accesso Venoso” (ed. Delfino editore) → questo manuale è una piccola bibbia sugli accessi vascolari. Si parla di tutto. Come mi ha confermato la casa editrice, nel 2021 è prevista l’uscita di una nuova edizione.
- “International Nosocomial Infection Control Consortium (INICC) report, data summary of 36 countries, for 2004-2009” Am J Infect Control. 2012 Jun;40(5):396-407
- “The Risk of Bloodstream Infection in Adults with Different Intravascular Devices: A Systematic Review of 200 Published Prospective Studies” Mayo Clin Proc. 2006 Sep;81(9):1159-71
- “Prevention of Central Line-Associated Bloodstream Infections”, disponibile qui
- “Infusion Therapy Standards of Practice, 8th Edition” Journal of Infusion Nursing: January/February 2021 – Volume 44 – Issue 1S – p S1-S224