Introduzione
Il trapianto di polmone è sempre più utilizzato come trattamento delle malattie polmonari allo stadio terminale. La domanda di trapianto di polmone è in aumento, ma il numero di donazioni di polmone è molto limitato. A causa della carenza di polmoni donati e della veloce progressione della malattia, il tasso di mortalità in lista d’attesa è piuttosto elevato (circa 15,1 morti ogni 100 pazienti in lista). L’ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO) è un dispositivo di supporto avanzato sempre più utilizzato nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca e/o polmonare. L’uso di questo dispositivo in pazienti in attesa di trapianto polmonare rappresenta una porzione piccola, ma è in costante aumento. Negli ultimi anni, l’ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO) è diventata una strategia di fondamentale importanza per fare da ponte ai pazienti in attesa di trapianto di polmone. La percentuale dei pazienti in cui è stato richiesto l’utilizzo di questo dispositivo è aumentata dal 3,4% nel 2012 al 5,2% nel 20171, riscontrando risultati migliori. Il tasso di sopravvivenza a 1 anno per i pazienti sottoposti a ECMO come ponte verso il trapianto di polmone è migliorato significativamente dal 25% (2000-2002) al 74,4% (2009-2011)2. Inoltre, vi sono alcuni trials nei quali il tasso di sopravvivenza per i pazienti sottoposti a ECMO come ponte per il trapianto, in centri ad alta numerosità, sono in qualche modo paragonabili ai pazienti non sottoposti alla pratica3. Questo miglioramento può essere attribuito ai miglioramenti della tecnologia ECMO e alla formazione degli operatori sanitari4.
I pazienti che richiedono l’ECMO come ponte verso il trapianto hanno bisogno di un’assistenza interdisciplinare, che include medici e specializzandi, chirurghi, infermieri, assistenti medici e farmacisti sia dell’unità di Terapia Intensiva che del team dei trapianti, oltre a fisioterapisti, assistenti sociali e specialisti in cure palliative. Molti programmi ECMO, sia negli Stati Uniti che a livello internazionale, sono guidati da infermieri. Nel modello di assistenza ECMO a guida infermieristica, gli infermieri sono responsabili delle esigenze cliniche del paziente, delle esigenze di supporto della famiglia e della gestione del circuito ECMO. Questo approccio è in forte contrasto con il modello di assistenza tradizionale guidato dal perfusionista, presente al letto per gestire il circuito ECMO5, e l’infermiere impegnato nell’assistenza al paziente. Un recente studio monocentrico ha riportato un significativo risparmio annuale di 366.264 dollari grazie all’implementazione di un modello di assistenza ECMO guidato dall’infermiere, rispetto a un modello ECMO guidato dal perfusionista, senza differenze di outcome nei pazienti5. Considerato il numero crescente dei pazienti in attesa di trapianto del polmone in cura con ECMO e le crescenti richieste avanzate dal personale infermieristico per gestire sia il paziente che il circuito ECMO, è indispensabile che gli infermieri abbiano una conoscenza approfondita dell’assistenza in area critica e dell’utilizzo delle complesse tecnologie adoperate in questo campo.
Questo studio fornisce a questi infermieri le conoscenze essenziali affinché forniscano un’assistenza di qualità alla popolazione di pazienti ad alta complessità, che richiedono l’ECMO come ponte per il trapianto di polmone. Questa revisione descrive le differenze tra l’ECMO Veno-Venoso (VV) e l’ECMO Veno-Arterioso (VA), e fornisce una panoramica delle indicazioni e delle controindicazioni per l’ECMO. Infine, verrà discusso il ruolo degli infermieri clinici nella gestione in team dei candidati pre-trapianto che richiedono l’ECMO. Questa revisione mira a colmare alcune lacune, per promuovere la competenza tra gli infermieri che si occupano dei candidati al trapianto, i quali richiedono appunto l’ECMO come trattamento ponte verso il trapianto.
Componenti di un circuito ECMO
L’ECMO è una terapia di supporto per i pazienti con grave insufficienza respiratoria, insufficienza cardiaca o una combinazione di entrambe. Tale metodica deriva dalla stessa usata nel bypass cardiopolmonare e creata per essere una terapia di supporto a lungo termine, che può essere gestita nell’unità di terapia intensiva.6 Si tratta di un dispositivo non pulsatile che utilizza una pompa ematica ed un ossigenatore per sostenere la circolazione, la perfusione di ossigeno (O2) e la rimozione dell’anidride carbonica (CO2). Esistono due tipologie di pompe ematiche: una pompa a rullo e la più comunemente usata pompa a centrifuga. La pompa a centrifuga genera un differenziale di pressione attraverso la testata della pompa stessa, sfruttando la forza centrifuga, con conseguente pressione negativa nel tubo di drenaggio e aspirazione di un flusso di sangue7. Il flusso sangue attraverso la pompa è sensibile al precarico, al postcarico e ai giri al minuto (revolutions per minute, RPM). Un precarico inadeguato, dovuto a ipovolemia o ad un’ostruzione meccanica, come un’attorcigliatura nella cannula venosa, determina una riduzione del flusso ECMO. Anche un aumento del postcarico può determinare una diminuzione dei flussi ECMO. L’aumento del postcarico può derivare da un’ostruzione post-pompa, come un trombo nell’ossigenatore o una piega nella cannula arteriosa, oppure da un’eccessiva resistenza vascolare sistemica o dalla pressione arteriosa media. Una diminuzione dei giri al minuto (RPM) ridurrà anche il flusso di sangue attraverso il circuito ECMO, mentre un aumento degli RPM dovrebbe aumentare il flusso di sangue attraverso il circuito, se non limitato da un precarico inadeguato o da un aumento del postcarico. Gli RPM possono essere regolati con la manopola sulla console di controllo della pompa. La console di controllo della pompa visualizza anche la portata dell’ECMO. Il sangue pompato, attraverso la pompa centrifuga, viene consegnato all’ossigenatore, una membrana a fibra cava dove avviene lo scambio di gas. L’assorbimento di ossigeno e la rimozione di CO2 dipendono dalla presenza di un gradiente di diffusione e dalla superficie disponibile della membrana semipermeabile di O2. La miscela di gas arriva alla membrana di scambio, il sangue del paziente è esposto alla membrana superficiale e si verifica la diffusione. L’infermiere può regolare la percentuale di ossigeno consegnata alla membrana dell’ossigenatore, regolando la manopola sul miscelatore di gas; l’erogazione di ossigeno può essere bassa come il 21% di FiO2 o alta come il 100% di FiO2. Inoltre, aumentando il flusso di sangue attraverso l’ossigenatore si fornirà più sangue del paziente alla superficie della membrana, permettendo una maggiore ossigenazione. Al contrario, l’eliminazione della CO2 dipende dal flusso del gas di aria medicale, denominato “spazzamento”, espresso in litri al minuto attraverso la membrana di ossigeno. Un flussometro, che l’infermiere può controllare, regola il flusso di gas alla membrana. Un aumento della portata di aria medicale si traduce in una diminuzione della concentrazione di CO2 che arriva alla membrana, aumentando così il gradiente di diffusione e promuovendo una maggiore rimozione di CO2 dal sangue del paziente. In alternativa, una diminuzione del flusso del gas di spazzamento (aria medicale) si traduce in un aumento della concentrazione di CO2, diminuendo quindi il gradiente di diffusione e riducendo la quantità di CO2 rimossa dal sangue del paziente.8 Il sangue ossigenato viene quindi restituito al paziente attraverso la cannula di ritorno.
Tipi di ECMO e strategie di cannulazione
L’ECMO Veno-Venoso (VV) viene utilizzato per trattare i pazienti in ipercapnia e/o ipossiemia, nonostante abbiano massimo supporto ventilatorio, e che non presentano una compromissione emodinamica significativa9. La sua metodica vede la rimozione del sangue da una vena, facendolo circolare attraverso il circuito ECMO, dove viene erogato O2 e rimossa la CO2, e restituendo successivamente il sangue al sistema venoso10. Esistono diverse strategie di incannulazione dell’ECMO VV che gli operatori sanitari devono conoscere. Le configurazioni di incannulazione tradizionali per la VV ECMO comprendono: l’incannulazione femoro-femorale e femoro-giugulare. Una configurazione femoro-femorale preleva il sangue dalla vena cava inferiore (IVC), tramite una cannula femorale, e restituisce il sangue ossigenato all’atrio destro, tramite un’altra cannula femorale. L’ECMO VV tramite la configurazione femoro-giugulare preleva il sangue dalla vena cava inferiore, tramite la vena femorale, e restituisce il sangue ossigenato all’atrio destro, tramite la vena giugulare. I pazienti con grave ipossiemia che richiedono >5 litri/min di flusso per mantenere adeguati livelli di O2 sono più adatti alla configurazione femoro-femorale o femoro-giugulare. Ci sono dei rischi associati a queste configurazioni che devono essere considerati9. Esiste il rischio di ricircolo, un fenomeno che si verifica quando le due cannule migrano troppo vicine l’una all’altra, facendo sì che il sangue ossigenato venga prelevato attraverso la cannula di drenaggio senza passare dalla circolazione sistemica11. Un altro svantaggio è che queste configurazioni limitano la mobilità del paziente a letto, condizione non è ottimale per lo stato funzionale pre-trapianto.
L’approccio preferito per l’ECMO VV è un catetere bicavale a doppio lume. Questo catetere ha una singola cannula inserita nella vena giugulare o nella vena succlavia sotto la guida di un ecocardiogramma o della fluoroscopia. Il catetere bicavale ha tre porte: le porte distale e prossimale prelevano il sangue dall’a vena cava inferiore (IVC) e dalla vena cava superiore (SVC) e il sangue ossigenato viene restituito al paziente attraverso la porta centrale che si trova nell’atrio destro e dirige il sangue ossigenato verso la valvola tricuspide9. I vantaggi di questa cannula includono un minor rischio di emorragia, in quanto viene perforato un solo vaso, e consente una maggiore mobilità del paziente. Questa cannula ha velocità di flusso inferiori rispetto alle configurazioni femoro-femorale e femoro-giugulare e quindi viene utilizzata principalmente in pazienti che richiedono la rimozione di CO2, rispetto a pazienti con grave ipossiemia, che richiedono velocità di flusso maggiori4.
Affinché l’ECMO VV sia efficace, i pazienti devono avere una funzione cardiaca normale sul lato destro e sinistro del cuore. In alcuni casi, ci sono candidati al trapianto di polmone con una grave ipertensione polmonare e una conseguente compromissione della funzione del lato destro del cuore, che non può superare l’aumento della pressione polmonare12. Nei casi di grave ipertensione polmonare, la strategia ponte preferita è l’ECMO Veno-Arterioso (VA)4. L’ECMO VA aspira il sangue dal sistema venoso e restituisce il sangue ossigenato al sistema arterioso, assolvendo così a due funzioni: scambio di gas e circolazione13. I pazienti che necessitano di ECMO VA sono incannulati perifericamente o centralmente. Le cannule ECMO VA periferiche sono inserite: nella vena femorale e nell’arteria femorale oppure attraverso l’arteria femorale e la vena giugulare interna. Queste strategie di incannulazione forniscono sangue ossigenato all’aorta attraverso l’arteria femorale, utilizzando la perfusione retrograda. L’incannulazione ECMO VA periferica può anche essere realizzata attraverso l’arteria ascellare e la vena giugulare interna. L’ECMO VA periferica attraverso l’arteria femorale è l’approccio più semplice, ma i pazienti incannulati in questo modo non possono deambulare e sono a rischio di ischemia degli arti inferiori, in quanto la grande cannula posta nell’arteria femorale può occludere il flusso sanguigno. I pazienti incannulati attraverso l’arteria ascellare e la vena giugulare interna sono in grado di deambulare meglio rispetto alla cannulazione femorale, ma c’è un rischio maggiore di ischemia dell’arto superiore. Inoltre, il posizionamento delle cannule della vena ascellare e della vena giugulare interna risulta essere più impegnativo rispetto all’approccio femorale4.
L’incannulamento ECMO VA centrale richiede l’apertura del mediastino per incannulare l’atrio destro e l’aorta. Ci sono vantaggi e svantaggi di questa strategia di cannulazione. I pazienti incannulati centralmente sono in grado di deambulare e, se tollerano il trattamento, incorrono in minori rischi di ischemia periferica. L’uso di questa strategia di incannulazione può supportare flussi ECMO più elevati, consentendo un maggiore supporto cardiaco ed una maggiore ossigenazione. Tuttavia, essa comporta maggiori rischi di infezioni del sito chirurgico e di cicatrici nel sito della sternotomia. Inoltre, l’incannulamento centrale richiede l’apertura del mediastino che può portare a profonde emorragie4. Gli operatori sanitari devono considerare questi fattori clinici e soppesare i rischi e i benefici associati alle diverse configurazioni di incannulamento quando decidono come gestire al meglio i pazienti che richiedono l’ECMO come ponte verso il trapianto di polmone.
Selezione del candidato
Non sono state formalmente stabilite controindicazioni assolute all’ECMO. I pazienti vengono valutati caso per caso, in relazione ai rischi rispetto ai potenziali benefici. Tuttavia, la Extracorporeal Life Support Organization (ELSO) ha identificato delle condizioni da considerare come controindicazioni relative a causa della loro associazione con risultati scadenti, nonostante il supporto ECMO. Queste includono condizioni che sono incompatibili con la vita e condizioni preesistenti, che influiscono sulla qualità della vita del paziente, come le gravi lesioni cerebrali e le neoplasie in fase terminale. Inoltre, la ventilazione meccanica >7 giorni o l’arresto cardiaco prolungato sono considerati controindicazioni relative. Le controindicazioni relative comprendono anche l’età avanzata, un’emorragia recente o in espansione e i pazienti che non possono essere anticoagulati durante l’ECMO14. Le condizioni di salute come la malattia vascolare periferica, l’insufficienza aortica e l’aneurisma aortico sono anch’esse controindicazioni relative, perché queste complicazioni vascolari riducono l’efficacia dell’ECMO15,16.
Altri fattori da considerare nel processo decisionale del ponte verso il trapianto includono lo stato nutrizionale dei pazienti, la presenza di un’infezione attiva, l’insufficienza d’organo multisistemica, lo stato funzionale dei pazienti, la loro capacità di partecipare alla riabilitazione mentre sono in ECMO e il tempo di attesa previsto in lista d’attesa4,10. L’identificazione dei candidati che possono beneficiare di questa strategia di supporto è una responsabilità impegnativa e complessa per gli operatori sanitari. Ulteriori ricerche sono necessarie per identificare meglio i candidati che possano maggiormente beneficiare del supporto ECMO pre-trapianto, poiché questi risultati possono contribuire allo sviluppo di linee guida per la selezione dei pazienti.
Pratica infermieristica nella cura dei pazienti sottoposti a ponte con ECMO per il trapianto di polmone
Considerazioni neurologiche
I pazienti che richiedono l’ECMO spesso richiedono analgesia e sedazione per il comfort, per ridurre il consumo di ossigeno e per facilitare la sincronizzazione col ventilatore. Raggiungere un livello ottimale di sedazione può essere impegnativo. C’è una crescente evidenza che attribuisce cambiamenti nella farmacocinetica e nella farmacodinamica di alcuni farmaci in presenza di un circuito ECMO, come gli analgesici e i sedativi, complicando ulteriormente la gestione di tali terapie in questa popolazione di pazienti17. Questa area di ricerca è agli inizi e le linee guida basate su queste prove non sono state stabilite.
I candidati che sono in ponte con l’ECMO verso il trapianto di polmone devono essere svincolati dalla sedazione, se tollerata, in modo che siano svegli e partecipino attivamente alla loro riabilitazione pre-trapianto. I candidati che partecipano attivamente alla loro terapia fisica e che mantengono un buon stato funzionale prima del trapianto ottengono risultati migliori dopo il trapianto4,10. Gli infermieri sono in prima linea nell’assistenza e sono in grado di determinare la capacità del paziente di essere svezzato dalla sedazione. Se la stabilità emodinamica è compromessa o il paziente diventa asincrono con il ventilatore, può essere necessario continuare la sedazione e gli analgesici. Se il paziente rimane sedato, il suo stato neurologico deve essere controllato dall’infermiere almeno ogni quattro ore a causa dell’aumento del rischio di ictus nei pazienti supportati dall’ECMO. Tuttavia, la pratica infermieristica relativa alla frequenza dei controlli neurologici varia da ospedale a ospedale, ma dovrebbe essere eseguita almeno ogni quattro ore, e più frequentemente se c’è un rischio neurologico.
La sindrome “Nord-Sud” è una grave complicazione della ECMO VA periferica che può portare a ischemia coronarica e cerebrale18. L’ECMO VA periferica fornisce sangue ossigenato all’aorta e ai grandi vasi, che forniscono a loro volta sangue ossigenato a cervello, collo, torace e agli arti superiori. Questo metodo di erogazione del sangue ossigenato è chiamato perfusione retrograda. La perfusione retrograda compete con la circolazione elementare nativa. Se il cuore inizia a riprendersi e a contrarsi con più forza, il sangue nativo deossigenato viene espulso dal cuore verso l’aorta e si mescola con il sangue ossigenato fornito dal circuito ECMO all’aorta, dando luogo a sangue ipossico. Questa complicanza è chiamata Sindrome “Nord-Sud”. L’ipossia cerebrale può verificarsi quando il sangue ipossico circola nella parte superiore del corpo e nel cervello attraverso i grandi vasi. Per monitorare questa complicanza, gli infermieri prelevano i gas del sangue arterioso dalla linea arteriosa radiale destra per acquisire la lettura più accurata dell’ossigenazione del sangue al cuore e al cervello. Un livello di O2 ridotto sulla linea arteriosa radiale destra è indicativo della sindrome “Nord-Sud”. Data l’importanza della linea arteriosa radiale destra nel rilevare questa grave complicanza, gli infermieri dovrebbero garantire che tutti i pazienti in ECMO VA periferico abbiano una linea arteriosa radiale destra. Gli infermieri devono, inoltre, assicurarsi che i pazienti abbiano una sonda pulsossimetrica posizionata sulla mano destra per monitorare i livelli di O2 erogati alla parte superiore del corpo19. Il trattamento della sindrome “Nord-Sud” comprende l’aumento dei flussi ECMO e l’aumento della FiO2 sul ventilatore. Il team deve anche considerare la transizione del paziente all’ECMO VV o la decannulazione dall’ECMO VA, se tollerata. In conclusione, gli infermieri svolgono un ruolo vitale nella gestione sia del paziente che del circuito ECMO. Gli infermieri sono i primi a rilevare le complicanze che richiedono un intervento, come la necessità di sedazione, le alterazioni nello stato neurologico e la presentazione della sindrome “Nord-Sud”.
Ossigenazione e ventilazione
Uno dei principali vantaggi del supporto ECMO è che i pazienti possono essere svezzati in sicurezza dal supporto della ventilazione meccanica ed essere parte attiva nella loro cura e riabilitazione. Lo svezzamento dei pazienti dalla ventilazione meccanica diminuisce anche il rischio di lesioni polmonari indotte meccanicamente. Inoltre, vi sono alcune prove che i pazienti non ventilati sottoposti a ponte con ECMO hanno un migliore tasso di sopravvivenza a 6 mesi rispetto ai pazienti non ECMO sottoposti a ponte con ventilazione meccanica20. Sebbene vi sia un beneficio nello svezzamento dei pazienti dalla ventilazione meccanica mentre sono supportati dall’ECMO, alcuni pazienti non possono essere svezzati in sicurezza dalla ventilazione meccanica e si dovrebbe considerare una tracheostomia precoce. Se è necessario continuare la ventilazione meccanica, è necessario istituire strategie di ventilazione protettiva dei polmoni per prevenire lesioni polmonari come il barotrauma e il volutrauma4. La Extracorporeal Life Support Organization (ELSO) raccomanda una bassa frequenza respiratoria con un lungo tempo inspiratorio, una bassa pressione inspiratoria di plateau (sotto i 25 cmH2O) e una bassa FiO2 (<30%) (ELSO< 2017), se il paziente lo tollera14.
Gli infermieri in prima linea hanno un ruolo fondamentale nella valutazione della risposta dei pazienti sia alla ventilazione meccanica che alla terapia ECMO. L’asincronia paziente-ventilatore è una complicanza che può verificarsi nei pazienti ventilati meccanicamente. Questa complicanza può causare un aumento della pressione intratoracica, che può compromettere le portate dell’ECMO. Se ciò si verifica, può essere necessario cambiare le impostazioni del ventilatore oppure sedare il paziente. Il mantenimento di portate adeguate sul circuito ECMO è necessario per sostenere adeguati livelli di PaO2. Velocità di flusso più elevate permettono di spingere più sangue attraverso l’ossigenatore, consentendo una maggiore erogazione di O2 al paziente. Il livello di O2 sui gas del sangue arterioso per i pazienti supportati da VV ECMO è tipicamente molto più basso (PaO2 80-120) rispetto al livello di O2 per un paziente su ECMO VA (PaO2 200-400). Ciò si verifica quando i pazienti su ECMO VV hanno maggior sangue ossigenato, miscelato al sangue nativo, rispetto ai pazienti su ECMO VA. Livelli di O2 nel sangue arterioso inferiori al normale per un paziente supportato con ECMO VV possono essere il risultato di bassi flussi ECMO, un guasto dell’ossigenatore, un ricircolo o una perdita di gas. Gli infermieri devono monitorare i bassi livelli di O2 sui gas del sangue arterioso e intervenire rapidamente per prevenire la perfusione di sangue deossigenato al cervello e al resto del corpo3. L‘ECMO è utile anche per la rimozione della CO2 dal sangue dei pazienti grazie all’azione di “spazzamento” svolta dal flusso del gas medicale attraverso il flusso di gas di spazzamento (aria medicale) sul circuito ECMO. Gli infermieri monitorano e controllano i livelli di CO2 tramite la funzione di spazzamento (sweep). Aumentando il flusso di aria medicale si diminuisce la CO2 e diminuendo il flusso si aumenta la CO2. È consigliabile che gli infermieri regolino la portata dello sweep da 0,5 a 1 litro/minuto e che vengano ricontrollati i gas arteriosi tra i 30 ed i 60 minuti dopo aver effettuato le modifiche.
Perfusione, anticoagulazione e sanguinamento
L’inizio dell’ECMO è associato a un certo grado di sindrome da risposta infiammatoria sistemica(SIRS). Il rilascio di mediatori infiammatori provoca una cascata di eventi tra cui l’attivazione della risposta immunitaria, l’aumento della permeabilità capillare e l’attivazione della cascata della coagulazione. La conseguenza di quest’ultima sono emboli nel microcircolo, che possono portare a una diminuzione della perfusione periferica e degli organi21. Inoltre, lo stesso catetere di cannulazione a foro largo può occludere il flusso sanguigno alle estremità. Per garantire un’adeguata perfusione distale alle estremità periferiche, gli infermieri eseguono ogni ora controlli delle pulsazioni periferiche tramite palpazione o con un doppler. Gli infermieri monitorano anche la temperatura, il colore e il riempimento capillare delle estremità. Se viene rilevata un’ischemia periferica, una piccola cannula di riperfusione, chiamata cannula dell’arteria femorale superficiale (SFA), può essere posizionata con un connettore a Y nel sito della cannula dell’arteria femorale. La cannula SFA devia il sangue retrogrado dalla cannula ECMO verso il basso attraverso l’arteria femorale, per perfondere la gamba e prevenire ulteriori ischemie.22
Lo sviluppo di coaguli può influire sulle prestazioni dell’ossigenatore ECMO. La formazione di coaguli nell’ossigenatore può ridurre la capacità della membrana di erogare O2 e rimuovere CO2 dal sangue23. Nei programmi ECMO a conduzione infermieristica, gli infermieri sono responsabili del monitoraggio dell’ossigenatore ECMO e dei suoi tubi per lo sviluppo di coaguli, della documentazione della presenza o assenza di coaguli e della comunicazione dei risultati al team. Per prevenire o ridurre la formazione di coaguli, i pazienti vengono sottoposti ad anticoagulazione sistemica, in genere con l’eparina, che presenta un’emivita più breve, disponibilità di un antidoto e costi ridotti, rispetto ad argatroban, lepirudina e bivalarudina4. Gli esami del sangue per monitorare i livelli di anticoagulazione dipendono dalle preferenze istituzionali, che possono includere il tempo di tromboplastina parziale (PTT), il tempo di coagulazione attivato (ACT), l’anti-fattore Xa e la tromboelastografia (TEG). Per esempio, in alcune strutture, gli ACT sono monitorati in sala operatoria dai perfusionisti, e gli infermieri nell’unità di terapia intensiva monitorano il PTT ogni 4 ore per mantenere l’obiettivo del livello di PTT che il team interdisciplinare stabilisce24.
Anticoagulare i pazienti con ECMO aumenta il rischio di sanguinamento. Gli infermieri controllano il sanguinamento della cannula e del sito della flebo, lo sviluppo di ematomi nei vecchi siti di puntura, il sanguinamento retroperitoneale, il sanguinamento gastrointestinale e l’emorragia polmonare4. Le politiche trasfusionali conservative devono essere rispettate per i pazienti che ricevono l’ECMO come ponte verso il trapianto. Questo perché trasfusioni frequenti di emoderivati possono provocare una risposta anticorpale, che può influire negativamente sul cross-match dell’organo del candidato. È prassi comune non trasfondere un paziente, a meno che il livello di emoglobina non scenda sotto i 6 g/dl, a condizione che non vi siano prove di compromissione emodinamica10. Gli infermieri devono prendere in considerazione l’uso di provette di sangue pediatriche quando prelevano campioni di sangue da candidati al trapianto supportati su ECMO, nel tentativo di ridurre la perdita di sangue.
Monitoraggio e prevenzione delle infezioni
La prevenzione delle infezioni è fondamentale nei pazienti in ponte con l’ECMO verso il trapianto di polmone. La presenza di un’infezione attiva nei pazienti in attesa di un trapianto di polmone può comportare uno “stato temporaneamente inattivo” sulla lista d’attesa, il che significa che il candidato non può ricevere offerte di organi in quel momento. L’inattivazione temporanea è associata a un maggior rischio di tempi di attesa più lunghi, a una maggiore mortalità in lista d’attesa e a tassi più bassi di trapianto25. L’ECMO aumenta il rischio di infezione dei pazienti a causa dell’accesso vascolare di grandi dimensioni e della sua vicinanza ad aree di potenziale maggiore infezione (es. accesso femorale)26. In questa istituzione, i cambi di medicazione nel sito della cannula ECMO vengono eseguiti in condizioni sterili utilizzando medicazioni impregnate di clorexidina10. Il monitoraggio dei segni di infezione nei pazienti supportati con ECMO è più impegnativo, perché l’esposizione del sangue del paziente alle superfici estranee del circuito ECMO attiva la risposta infiammatoria sistemica del paziente, anche in assenza di un’infezione attiva. I soliti marcatori di infezione sistemica, come la febbre e la conta elevata dei globuli bianchi, non sono affidabili quando un paziente è sottoposto a ECMO. L’ECMO può mascherare la febbre di un paziente perché quando il sangue viene rimosso dal corpo viene raffreddato nei tubi e può provocare ipotermia. In genere, un riscaldatore ECMO viene utilizzato per riscaldare il sangue fino alla normotermia prima di consegnare il sangue ossigenato al corpo del paziente. Di conseguenza, il circuito ECMO può mascherare una febbre in un paziente il cui corpo sta cercando di iniziare una risposta febbrile. I pazienti che sono in grado di generare la febbre durante il supporto ECMO stanno probabilmente sperimentando una forte risposta infiammatoria ed è necessario un intervento. Inoltre, la conta dei globuli bianchi, spesso utilizzata come marker di infezione sistemica, è più difficile da interpretare in questi pazienti, perché la risposta infiammatoria sistemica è già attivata, causando un aumento dei globuli bianchi, anche in assenza di infezione attiva. Inoltre, le radiografie del torace sono spesso opacizzate dai cambiamenti infiammatori polmonari che spesso si osservano nei pazienti in ECMO, rendendo questo strumento diagnostico inadeguato a rilevare l’infezione polmonare o la polmonite associata al ventilatore. Per queste ragioni, il rilevamento di un’infezione nei pazienti supportati da ECMO è complesso e difficile. Gli infermieri devono monitorare attentamente questi pazienti alla ricerca di osservazioni cliniche specifiche che possano indicare la presenza di un’infezione, come l’aumento delle secrezioni, il drenaggio purulento dalle linee centrali e dalle cannule ECMO e l’instabilità emodinamica14.
Monitoraggio dei danni agli organi finali
I pazienti supportati con ECMO sono a rischio di sviluppare un’insufficienza renale o epatica allo stadio terminale. L’insufficienza renale può verificarsi a causa dei cambiamenti emodinamici e della diminuzione della perfusione ai reni, dei cambiamenti ormonali, che si verificano in risposta al supporto ECMO, e dell’attivazione del processo infiammatorio sistemico. Gli studi dimostrano che i pazienti in ECMO che sviluppano un’insufficienza renale e necessitano di una terapia di sostituzione renale sono a maggior rischio di mancato svezzamento dall’ECMO e quindi di mortalità. Gli infermieri devono monitorare la produzione di urina del paziente e i risultati di laboratorio per i segni di peggioramento della funzione renale. L’emolisi, l’ipoperfusione epatica e l’attivazione del sistema di risposta infiammatoria sistemica possono aumentare il rischio di disfunzione epatica nei pazienti sottoposti a ECMO. Gli infermieri devono monitorare i test di funzionalità epatica del paziente per individuare eventuali segni di disfunzione epatica. Prevenire l’insufficienza d’organo allo stadio terminale nei pazienti assistiti con ECMO in attesa di trapianto di polmone è una questione di massima importanza, perché la disfunzione degli organi principali è una controindicazione al trapianto di polmone e potrebbe comportare l’inattivazione del paziente o la sua rimozione dalla lista d’attesa.
Fisioterapia
Ottimizzare lo stato dei pazienti prima del trapianto di polmone attraverso la fisioterapia è fondamentale per il successo post-trapianto. Uno stato funzionale ridotto e una maggiore fragilità tra i candidati al trapianto di polmone sono fattori di rischio significativi per gli scarsi risultati post-trapianto, l’aumento della durata della degenza e la mortalità4,28,29. I pazienti che sono ventilati meccanicamente sono a rischio di debolezza neuro-muscolare e decondizionamento a causa delle restrizioni alla mobilità. 4,30 I pazienti che vengono sottoposti a ponte con ECMO per il trapianto di polmone possono essere tranquillamente svezzati dalla sedazione e dalla ventilazione meccanica e diventare partecipanti attivi alla fisioterapia pre-trapianto.
Le configurazioni di cannulazione ECMO ideali che permettono la deambulazione del paziente sono il catetere bicavale a doppio lume nella giugulare interna destra e la cannulazione centrale. La deambulazione di un paziente supportato da ECMO richiede un team multidisciplinare di infermieri, perfusionisti, fisioterapisti e terapisti respiratori. La riabilitazione attiva e la deambulazione per i pazienti sottoposti a ponte per il trapianto di polmone con ECMO possono migliorare il decondizionamento, l’atrofia muscolare, la durata della degenza e i costi30. La mobilizzazione dei pazienti incannulati attraverso l’arteria femorale o la vena femorale è più complessa e questi pazienti sono spesso costretti a stare a letto a causa dell’aumentato rischio di dislocamento della cannula, che può verificarsi con la deambulazione. Per questo motivo, i pazienti incannulati tramite accesso femorale sono in grave svantaggio in termini di capacità di partecipare alla fisioterapia e alla riabilitazione. Inoltre, le restrizioni nel riposizionamento e nella mobilità aumentano il rischio di lesioni da pressione per i pazienti26. Gli infermieri hanno la responsabilità di attuare misure preventive per ridurre questo rischio. Gli infermieri devono assicurarsi che i pazienti siano girati e riposizionati frequentemente26. Inoltre, dovrebbe essere preso in considerazione per questo tipo di pazienti l’uso di un materasso a bassa perdita d’aria, di un materasso a ridistribuzione della pressione o di un letto ad aria. I talloni dei pazienti devono essere sollevati con un cuscino o con stivali alzatacchi, per ridurre il rischio di ulcere da pressione sui talloni22. La fisioterapia deve essere attivata affinché venga eseguito movimento passivo e attivo per i pazienti che sono costretti a stare a letto. 31 Quando possibile, gli infermieri devono sostenere la sostituzione dell’accesso femorale ECMO con il posizionamento di un catetere bicavale a doppio lume, in modo che il paziente possa partecipare meglio alla terapia fisica e alla riabilitazione prima del trapianto polmonare.
Cure palliative
I servizi di cure palliative mirano a migliorare la qualità della vita dei pazienti e delle famiglie colpite da malattie critiche, affrontando le questioni relative ai sintomi e alla sofferenza, migliorando la comunicazione tra i pazienti, le famiglie e gli operatori sanitari, e sostenendo il processo decisionale del paziente e della famiglia. I servizi di cure palliative non si limitano al fine vita. Sfortunatamente, la consulenza per le cure palliative nei trapiantati di polmone è rara e proposta principalmente nel fine vita. In uno studio multicentrico sui riferimenti di cure palliative dopo un trapianto di polmone, i ricercatori hanno riportato che la sopravvivenza media dopo la consultazione di cure palliative era <30 giorni. 32 I servizi di cure palliative devono essere aumentati nella popolazione dei trapiantati, specialmente per i pazienti supportati con ECMO prima del trapianto di polmone. I pazienti sottoposti a ponte con ECMO per il trapianto di polmone devono affrontare esiti incerti, il che è un’esperienza angosciante sia per il paziente che per la famiglia. Per ridurre alcune delle paure, dell’ansia e dello stress che accompagnano l’attesa di un trapianto e la necessità di un supporto ECMO, le unità infermieristiche dovrebbero considerare lo sviluppo e la diffusione di una risorsa educativa all’ECMO per guidare i pazienti e le famiglie nell’esperienza di attesa del trapianto.Questi malati critici e le loro famiglie potrebbero beneficiare dei consulti delle cure palliative che mirano a ridurre i sintomi e la sofferenza, a facilitare la comunicazione, a sostenere il difficile processo decisionale e a migliorare la qualità complessiva della vita del paziente e della famiglia durante questo periodo difficile. I palliativisti dovrebbero essere consultati all’inizio dell’ECMO e i loro servizi dovrebbero essere disponibili per il paziente e i familiari durante l’attesa di un trapianto polmonare33. In alcuni casi, i pazienti vengono sostenuti con l’ECMO mentre il team dei trapianti completa il work-up del trapianto e decide se il paziente è eleggibile per il trapianto. Può capitare che il paziente non sia ritenuto idoneo per il trapianto. In questa difficile situazione, il team di cure palliative può aiutare a sostenere il paziente e la famiglia e facilitare una conversazione sugli obiettivi di cura. Alcuni pazienti che sono trattati con l’ECMO in attesa del trapianto, diventano troppo malati durante l’attesa e possono essere rimossi dalla lista d’attesa. Questa è un’altra situazione in cui le cure palliative possono giocare un ruolo importante, fornendo supporto al paziente e alla famiglia e facilitando le discussioni sugli obiettivi di cura. Chiaramente, i membri del team di cure palliative possono giocare un ruolo importante nella cura dei pazienti sottoposti a ECMO. Gli infermieri hanno una posizione di rilievo nel gestire le consultazioni di cure palliative al momento dell’inizio dell’ECMO.
Conclusione
L’ECMO è tra le più avanzate tecnologie di assistenza critica e il suo utilizzo come ponte per i pazienti in attesa del trapianto di polmone è in aumento. Gli infermieri dell’area critica devono essere ben preparati ad assistere questa popolazione di pazienti ad alta complessità. Questo articolo di revisione colma una lacuna critica di conoscenza relativa alla cura dei pazienti assistiti con ECMO, in particolare come ponte verso il trapianto di polmone. Sono necessarie ulteriori ricerche sull’uso dell’ECMO come strategia ponte e lo sviluppo di linee guida basate sull’evidenza per orientare al meglio l’assistenza infermieristica e per migliorare gli outcome dei pazienti
Autori
Brittany Koons (PhD) è una ricercatrice post-dottorato presso l’Università della Pennsylvania con interessi di ricerca nel trapianto di polmoni. È anche un’infermiera di area critica nell’unità di Terapia Intensiva Chirurgica Cardiotoracica presso l’Ospedale dell’Università della Pennsylvania.
Jennifer Siebert (MSN, RN, CCRN) è una borsista della Robert Wood Johnson Foundation e studente di dottorato alla Villanova University con interessi di ricerca nei trapianti di organi. È anche un’infermiera di area critica nell’unità di Terapia Intensiva Chirurgica Cardiotoracica presso l’Ospedale dell’Università della Pennsylvania.
Informazioni sul copyright
Questo articolo è stato pubblicato nel Volume 40, numero 3 (1 giugno 2020) del Critical Care Nurse (American Journal of Critical Care (AJCC) con il titolo “Extracorporeal Membrane Oxygenation (ECMO) as a Bridge to Lung Transplantation: Considerations for Critical Care Nursing Practice” di Koons B., Siebert, J.[AACN] [PubMed] [DOI]. La casa editrice American Journal of Critical Care ha concesso a infermieristica journal la riproduzione in lingua italiana. L’articolo è stato tradotto dal Vittorio Bocciero, infermiere in Terapia Intensiva presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese “Le Scotte”. Per ulteriori informazioni inerenti alla riproduzione e alla pubblicazione, contattare American Journal of Critical Care.
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