Drenaggio


La parola “drenare” deriva dall’inglese To Drain che significa prosciugare, scolare. Con il termine drenaggio si indicano infatti sia tecniche che mezzi usati per portare all’esterno raccolte di liquidi fisiologici o patologici che, in circostanze e con meccanismi diversi, si siano formate in cavità dell’organismo. In chirurgia viene utilizzato, soprattutto nel decorso post-operatorio dopo interventi che interessano le cavità; esso consente di evitare l’accumulo entro di esse di sangue e liquidi infiammatori e di monitorare sia la quantità che la qualità dei liquidi espulsi.

Una prima classificazione dei drenaggi può essere fatta in base al loro scopo che può essere terapeutico, profilattico o precauzionale. Nel primo caso si considera tale quando il posizionamento del drenaggio avviene per formulare o confermare diagnosi attraversi l’esame chimico-fisico o citologico del liquido drenato o per eseguire lavaggi con farmaci o soluzioni idonee; si parla invece di drenaggio precauzionale (o profilattico) quando viene posizionato al solo scopo di evitare la formazione di raccolte di materiale, la cui raccolta, se non drenata, potrebbe innescare processi flogistici e patologici.

Un altro tipo di classificazione può essere fatta in base alla tipologia. Esistono infatti:

  • Drenaggi semplici. Drenaggio redon: un tipo di drenaggio sottovuoto che permette una costante aspirazione; spesso usato su operazioni chirurgiche di collo e mammella. Drenaggio Ulmer: caratterizzato da fori di diametro graduale per garantire una migliore aspirazione. Drenaggio a Zaffo: costituito da una garza semplice all’interno di una ferita infetta cavitaria che si posiziona dopo accurata toilette chirurgica.
  • Drenaggio complessi. Drenaggio penrose: realizzato in silicone con superficie interna zigrinata utile per il drenaggio capillare. Drenaggio endoluminale: introdotto in organi cavi e prendono il nome a seconda dell’organo in cui vengono introdotti.

Una terza classificazione può essere fatta riguardo ai sistemi di aspirazione:

  • Drenaggi passivi per capillarità: si affidano al fenomeno capillare per espellere i liquidi patologici.
  • Drenaggi passivi a caduta: sfruttano essi la forza di gravità per drenare i liquidi in eccesso. Sono raccordati solitamente a sacchi di raccolta graduati per monitorarne la quantità.
  • Drenaggi attivi a sistema aspirante/sottovuoto: si differenziano tra loro in base alla pressione negativa aspirante al quale sono collegati per drenare. Sono collegati a dispositivi di raccolta sterile e monouso.
  • Drenaggi a valvola d’acqua: come il drenaggio Bulau, un drenaggio toracico il cui inventore fu G. Bulau che comprese il funzionamento delle pressioni negative all’interno del cavo pleurico.

L’ assistenza infermieristica verso il paziente portatore di drenaggio prevede diversi interventi atti a prevenire le principali complicanze e monitorarne il giusto posizionamento nonché la tipologia e quantità di liquido drenato.

L’infermiere valuta inoltre la presenza/assenza di dolore nel punto di inserzione insieme alla comparsa eventuale di segni tipici di flogosi. È utile inoltre programmare cambi postulai ad orari fissi per garantire il comfort e il corretto funzionamento del drenaggio.

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