La condizione degli infermieri nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) e sociosanitarie: un’analisi qualitativa e quantitativa


“Mancano infermieri in tutta Italia”, “fuga di infermieri dalle RSA”, “i concorsi pubblici hanno drenato troppi infermieri”. Sentiamo queste affermazioni rimbombarci nella testa ogni volta che viene bandito un concorso pubblico. Sono il frutto di molte scelte strategiche sbagliate che, pian piano, stanno causando il definitivo allontanamento degli infermieri dalle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) e sociosanitarie, le stesse che erano al centro della polemica durante la pandemia COVID per la loro pessima gestione1, portando in alcuni casi anche il loro sequestro e successiva sospensione2,3. Queste affermazioni, che stanno monopolizzando i canali dell’informazione locale e nazionale, danno all’opinione pubblica un’interpretazione errata, incompleta, semplicistica ed unidirezionale di un problema molto più complesso. Le cooperative e le aziende che gestiscono queste strutture, spalleggiate a volte da alcune organizzazioni sindacali (OO.SS), si sentono abbandonate dalle istituzioni e incolpano, senza nemmeno rendersene conto, “il sistema pubblico”, che retribuisce adeguatamente, presenta maggiori tutele, valorizza meglio la professionalità degli infermieri e presenta degli standard qualitativi migliori per i pazienti. A causa della mancanza di una norma sulla rappresentanza, i CCNL vengono spesso sottoscritti da OO.SS non rappresentative dei lavoratori, attribuendo così ai CCNL sottoscritti da poche decine di persone il medesimo valore degli altri CCNL e limitando così il completo sviluppo della contrattazione. Per avere un quadro più chiaro del fenomeno, che vede gli infermieri migrare altrove, analizziamo punto per punto le motivazioni. Prima però, per comprendere al meglio questo mondo, riportiamo alcuni dati.
Secondo il rapporto dell’Istituto Superiore della Sanità (giugno 2020) gli infermieri che operano nelle RSA sono 8,5 per struttura (31,7 OSS)4. Su 3400 RSA censite, 80% è convenzionata con il Sistema Sanitario Nazionale. Secondo inoltre il GNPL National Register, la banca dati realizzata dal Garante nazionale per la geolocalizzazione delle strutture sociosanitarie assistenziali sul territorio italiano, al 2020 le RSA in Italia sono 4.629 (contro le 2.475 nel 2007)5. L’11% delle strutture ha dichiarato di non avere medici in attività nella struttura fra le figure professionali coinvolte nell’assistenza. 

Il rapporto infermiere-pazienti

Nonostante si tratti di una realtà molto disomogenea a livello nazionale, con significative differenze da Regione a Regione, quello delle RSA e strutture sociosanitarie presenta un rapporto infermiere-pazienti chiaramente inadeguato. Attualmente l’unico riferimento normativo nazionale, che definisce gli standard di personale, è il Decreto Ministeriale del 13/9/1988 – “Determinazione degli standard del personale ospedaliero”6, che, recependo il principio indicato dall’OMS della graduazione dei servizi in base all’intensità delle cure, definisce i “moduli organizzativi tipo”, da non confondere con un reale e concreto rapporto personale/utenti. Si tratta, infatti, della “soglia minima al di sotto della quale la gestione dell’unità operativa diviene antieconomica”. Essendo, però, la sanità materia di gestione regionale, come specificato dal D.M. stesso, secondo le indicazioni programmatorie delle Regioni le unità operative possono essere formate anche da un’aggregazione di più “moduli organizzativi tipo”. Questo significa, in estrema sintesi, che le regioni delegano alle diverse aziende sanitarie la regolamentazione della loro organizzazione interna. Queste ultime a loro volta delegano tutto al bilancio economico, particolarmente rigoroso soprattutto quando si tratta di aziende private.

In più all’interno del D.M. del 13/9/1988 e nelle delibere regionali i coordinatori infermieristici non vengono mai citati, facendo presupporre che siano inclusi nella conta degli infermieri che offrono assistenza diretta agli utenti delle strutture, nonostante il loro profilo professionale preveda ben altro. Questo riduce ancora di più le risorse disponibili all’assistenza, sovraccaricando di conseguenza gli infermieri turnisti e giornalieri.

Nei casi più critici che si sono presentati spesso 1 solo infermiere ha a proprio carico più di 40-60 ospiti durante i turni della mattina e del pomeriggio. La notte la situazione peggiora significativamente, come testimoniato dalle ultime denunce sindacali7, arrivando a prevedere un rapporto di 1 infermiere ogni 100-150 pazienti. KLe altre figure professionali (medici, fisioterapisti, psicologi) a volte totalmente assenti e, per quanto riguarda le figure ausiliari a quella infermieristica, risultano ad oggi fortemente ridotte (OSS). La media nazionale, togliendo la tempistica dedicata agli adempimenti burocratici, è più o meno mezz’ora di assistenza infermieristica al giorno per ospite, sempre ovviamente se non ci sono imprevisti (emergenze, problemi tecnici, ecc). 

Infine, l’eccessivo stress e l’attività frenetica, al quale sono sottoposti gli operatori, pone in pericolo sia gli ospiti che gli operatori stessi: aumentano gli errori, i tassi di infezione, la percentuale delle cadute e, di conseguenza, anche i tassi di mortalità. Per poter riparare il gap che si è venuto a creare in tutti questi anni, e che la Pandemia purtroppo ha posto sotto gli occhi di tutti, secondo l’ISS in Italia mancano 53.000 infermieri, di cui 29.700 da dedicare al territorio. Attualmente, grazie al Decreto Rilancio (firmato il 13 maggio 2021) sono stati assunti 9.600 infermieri di famiglia e comunità, figure in teoria funzionali alla rete delle RSA.

Contratti non rinnovati e retribuzioni ai minimi

Gli infermieri, come tutti gli altri professionisti sanitari inclusi nel loro contratto collettivo nazionale dei lavoratori (CCNL), che regola gli accordi tra sindacati e associazioni datoriali, nella peggiore dei casi non vedono un suo rinnovo da più di 12 anni. Anaste, Agespi, Aris, Ansdipp e Uneba, che rappresentano un agglomerato di datori di lavoro ai tavoli di trattativa sindacale, da una parte lamentano la mancanza delle figure professionali8, dall’altra non pongono in alcun modo le condizioni per poter diventare più attrattivi nel (libero) mercato del lavoro. Non è chiaro se in questo specifico momento storico la mancanza di infermieri sia reale o una condizione di rifiuto di categoria di continuare a farsi sfruttare. Certo è che, se un infermiere si trovasse di fronte a due proposte di lavoro, nelle quali una presenta una maggiorazione economica di 500 o 600 euro al mese, ovviamente sceglierebbe sempre quella più redditizia. Se in questi CCNL al reddito inadeguato si aggiungono anche lacune sul fronte dei diritti, allora, qualora ci fosse qualche ombra di dubbio sulla scelta, questa scompare definitivamente. 

Mentre nel pubblico il CCNL è unico, che vale da nord a sud dell’Italia, per quanto riguarda le aziende sanitarie private le condizioni sono molto diverse e i CCNL sono davvero numerosi. Questa continua frammentazione del CCNL ha da una parte indebolito l’azione dei lavoratori e di conseguenza quella dei sindacati, dall’altra ha creato una grande confusione e disomogeneità tra le aziende sanitarie private; basti pensare ad un piccolo particolare, ossia che i CCNL spesso prendono il nome del datore di lavoro e non della categoria (sanità) che ne è interessata. Per esempio ad oggi esiste il CCNL dei metalmeccanici, ma non esiste un CCNL nel privato dei professionisti sanitari, ma esistono i CCNL con i nomi delle associazioni datoriali: ARIS RSA, AIOP RSA, UNEBA, ecc. Come già sottolineato precedentemente i CCNL nel campo delle RSA sono piuttosto numerosi e in questa elaborazione (Tabella 1)  prenderemo in riferimento quelle principali, nonché quelle che rappresentano un maggior numero di lavoratori sul territorio italiano. 

Come si può vedere dalla tabella 1 alcuni contratti risalgono addirittura a 13 anni fa (ANASTE), altri a 12 anni fa (ARIS RSA e AIOP RSA). UNEBA ha firmato l’ultimo CCNL l’anno scorso, ma questo non ha sicuramente migliorato la condizione dell’infermiere dal punto di vista retributivo (Grafico 1). In più, facendo riferimento alle indennità professionali (Grafico 1), alcuni, come quello di AIOP RSA, sono delle indennità fantasma: è possibile aggiudicarsi i 40€ solo dopo aver lavorato per più di 5 anni sotto quel CCNL. Impossibile, se si pensa al turnover dei dipendenti di queste strutture.

Nella tabella 2 facciamo invece un confronto tra i CCNL delle più grandi, quantitativamente parlando, associazioni rappresentative dei datori di lavoro in campo di RSA e strutture sociosanitarie: AIOP RSA e ARIS RSA.

NormeARIS per RSAAIOP per RSA
FirmatariSottoscritto da CISL – UIL il 05/12/2012Sottoscritto da UGL – CONFSAL – FIALS il 22/03/2012
Mensilità1313
Orario di lavoro settimanale Comparto3838
Orario di lavoro settimanale Dirigenza3838
Divisore orario mensile Comparto164,5165
Ferie giorni30 + 426 (165 ore)
Ex festività soppresse25,33 ore permesso (inserite in 12° nella banca delle ore)
Indennità turno lavoro festivo17,82 euro (Orario superiore alla metà del turno)
8,91 euro (Orario pari o inferiore alla metà del turno)
Maggiorazione oraria 15% dei minimi contrattuali conglobati
Indennitá turno lavoro notturno2,74 euro orarie (dalle ore 22,00 alle ore 6,00)12,39 euro per prestazioni oltre le 4 ore
6,20 euro per prestazioni oltre le due ore sino a 4 ore (indennità non spetta a chi fruisce dell’indennità di turno)
Orario supplementare fino a 40 ore settimanaliMaggiorazione 20%Non spetta la maggiorazione
Straordinario diurnoMaggiorazione 20%Maggiorazione 15%
Straordinario notturnoMaggiorazione 30%Maggiorazione 30%
Straordinario festivo/diurnoMaggiorazione 30%Maggiorazione 30%
Straordinario festivo/notturnoMaggiorazione 50%Maggiorazione 50%
Indennità di turno su 3 turni4,50 euro (solo al personale in servizio al 5 dicembre 2012)Maggiorazione del 10% della quota oraria per ogni ora di turno effettivamente svolta (indennità spetta se effettuate almeno 5 notti al mese)
Indennità di turno su 2 turni2,06 euro (solo al personale in servizio al 5 dicembre 2012)No
Indennità di turno Ass. Domiciliare Cat. B2 – C – D – DS5,16 euro (solo al personale in servizio al 5 dicembre 2012)Si
Indennità di pronta disponibilità (reperibilità)21,69 euro x 12 ore (durata inferiore alle 12 ore magg. Del 10%)12,00 euro x 12 ore (durata inferiore l’indennità viene corrisposta proporzionalmente)
Periodo di prova Cat. C – D – DS – ENon superiore a 6 mesi lavorativi180 giorni lavorativi
Preavviso dimissioni30 giorni (dal momento del ricevimento)15 giorni di lavoro effettivo per Cat. A – B – C
30 giorni di lavoro effettivo per Cat. D – E – F – G – H
Malattia100% della retribuzione sino al 365 giorno di assenza nell’arco dei 4 anni100% della retribuzione sino al 180 giorni di assenza nell’arco dei 2 anni precedenti
MalattiaPeriodo di comporto (18 mesi nell’arco di un quadriennio – prorogabile a 20 mesi se la malattia a dato luogo a lungo periodo di ricovero ospedaliero)Periodo di comporto (12 mesi nell’arco di un quadriennio – prorogabile a 14 mesi se la malattia a dato luogo a lungo periodo di ricovero ospedaliero)
Infortunio100% della retribuzione sino al 365 giorno di assenza100% della retribuzione sino al 180 giorno di assenza
Permessi straordinari retribuiti15 giorni di calendario per Matrimonio
5 giorni di calendario per decesso coniuge o convivente – genitori – figli – fratelli
Per sostenere esami attinenti corsi di studio
Per gravi e documentate ragioni non più di 5 giorni
15 giorni di calendario per Matrimonio
3 giorni lavorativi per decesso coniuge o convivente genitori – figli – fratelli
Per sostenere esami attinenti corsi di studio
Permessi e recuperiPossono essere concessi per particolare esigenza personali:
– brevi permessi durata non superiore alla metà dell’orario giornaliero – (permessi non possono eccedere 36 ore nel corso dell’anno – devono di norma essere recuperati entro il mese successivo alla fruizione)
Possono essere concessi per particolare esigenza personali:
-brevi permessi durata non superiore alla metà dell’orario giornaliero – (permessi non possono eccedere 6 ore nel corso dell’anno
– devono di norma essere recuperati entro il mese successivo alla fruizione)
Tabella 2. Confronto delle voci più rilevanti dei due CCNL più rappresentativi della sanità privata: ARIS RSA e AIOP RSA.

Tra demansionamento e mancanza di risorse

I parametri attuali, fissati dalle Regioni, e la totale anarchia delle aziende sanitarie non sono più compatibili con i cambiamenti delle condizioni di salute della popolazione anziana. Un tempo nelle RSA, istituite a metà degli anni 90, vi accedeva la persona che necessitava di aiuto minimo nelle attività quotidiane e, di conseguenza, il lavoro degli infermieri era molto lontano da quello che si trovano ad affrontare oggi. La tipologia di utenza è obiettivamente cambiata e di pari passo si è evoluta anche la formazione infermieristica, che permette quindi di soddisfare le nuove esigenze degli utenti, che necessitano di specifiche cure mediche di più specialisti e di un’articolata assistenza sanitaria9. Un elemento che viene spesso sottovalutato, è che l’infermiere in RSA lavora in un contesto in cui le esigenze degli utenti sono pressappoco le stesse delle realtà per acuti, ma le risorse e soprattutto la rete di assistenza è obiettivamente minore. Un confronto con gli specialisti, le richieste di consulenza, il rapporto con i medici curanti, sono tutte cose da gestire come da domicilio. I tempi si allungano e non c’è personale dedicato a questo. Il risultato è che le poche risorse infermieristiche assunte, hanno un carico di lavoro che va ben oltre la “teoria” dei minuti di assistenza. 

La discrepanza reale infatti sta nella capacità che abbiamo nella pratica di rispondere a questi cambiamenti. In RSA l’infermiere non è solo infermiere: non solo deve svolgere le attività proprie della professione, come effettuare le medicazioni, avere contatti con i medici curanti, occuparsi della modulistica, della preparazione, somministrazione e conservazione dei farmaci, ma deve curare anche tutta una serie di cose che in altri contesti lavorativi stanno in capo ad altre figure, e che spesso comportano un demansionamento e conseguente reato, come previsto dall’art. 52 D.lgs 165/0110. Sono infatti numerose le sentenze che condannano le strutture sanitarie per demansionamento, ultima poche settimane fa11

Il peggioramento clinico della popolazione generale che accede a questi servizi, implica però che oltre alla relazione e alle competenze di base che possiedono gli infermieri, ci sia bisogno di un aggiornamento continuo e di un potenziamento contestuale di tali competenze. È interessante notare la totale assenza di personale sanitario negli organigrammi delle aziende private che gestiscono gli RSA. Spesso infermieri, OSS, fisioterapisti e altri professionisti sanitari vengono gestiti da figure amministrative, con competenze limitate nel management sanitario. In più non tutte le residenze per anziani hanno all’interno del proprio organico un medico, quindi l’infermiere in RSA diventa il diretto responsabile delle attività sanitarie. Deve quindi essere capace di fronteggiare qualsiasi emergenza e indirizzare “a distanza” il clinico verso la corretta diagnosi e cura. L’emergenza che nessun infermiere avrebbe pensato di dover gestire in quasi completa autonomia è la pandemia di Covid-19. Alcune strutture sono state letteralmente travolte dal contagio e gli infermieri sono stati costretti a gestire tutta una serie di problematiche in un ambiente strutturalmente (tra le altre cose) non idoneo a fronteggiare la diffusione del virus. Sempre con solo mezz’ora di tempo da dedicare ad ogni ospite e senza nessuna prospettiva di ampliamento del personale. Se già prima della pandemia, l’infermiere di RSA aveva il sentore di essere considerato un professionista di “serie B”, adesso ne ha la certezza. I carichi di lavoro stanno aumentando ogni giorno perché le istituzioni forniscono indicazioni operative sempre più stringenti che quindi richiedono un adattamento continuo del metodo di lavoro e soprattutto un’attenzione sempre maggiore allo svolgimento della professione.

Gli ospedali e il territorio hanno dovuto fronteggiare la stessa emergenza ma in compenso hanno potuto contare su un massiccio aumento di risorse umane e soprattutto su un sistema di erogazione di risorse economiche sicuramente più efficiente. Gli infermieri scappano letteralmente dalle strutture residenziali per anziani perché ormai la passione per questo tipo di lavoro è stata annullata dallo stress che il sistema produce su di loro, insomma, il gioco non vale più la candela. Si innesca così un meccanismo per il quale chi rimane si sente ovviamente ancora più avvilito, resisterà ancora un po’ aggrappato alla passione per il lavoro, ma alla fine cederà. L’essere borderline tra pubblico e privato, rende le RSA estremamente vulnerabili perchè vengono paragonate al pubblico per tutto ciò che riguarda l’assistenza in generale e i suoi attori, mentre è prettamente privato tutto quello che concerne l’erogazione del servizio e quindi il profitto. Tutto questo si ripercuote, a lungo termine, sul fatto che il lavoro infermieristico nelle RSA viene considerato dalla maggior parte dei professionisti, un parcheggio con sosta temporanea. L’infermiere che si dimette dalle RSA troverà sicuramente fortuna altrove, ma il servizio deve essere comunque garantito al cittadino. Ma con quali risorse? E soprattutto, che qualità di assistenza viene erogata se l’infermiere è costantemente stanco, distratto, coinvolto nella pianificazione di nuovi percorsi assistenziali e nuovi piani di lavoro che si adattino alle mutazioni continue del sistema?

Le “soluzioni” attualmente sul campo

In questi giorni le soluzioni proposte dagli OPI, sindacati e dai datori di lavoro non sono mancate. Ci sono quelle più bizzarre, che nulla hanno a che fare con la tutela della figura professionale: c’è chi propone di “trattenere i vincitori nella graduatoria del concorso che lavorano nelle strutture sociosanitarie, se chiamati, fino al 31 dicembre”, evitando così di togliere risorse ai privati12; A questa proposta si aggiungono le categorie locali dei sindacati, come successo a Lucca, che in barba alle trattative nazionali, si appellano in questo caso al Prefetto e alla Regione Toscana, ai quali si chiede maggiore flessibilità sulla figura degli OSS con la 3aS, come avvenuto in Emilia Romagna e Veneto, nonostante il TAR abbia sospeso l’8 luglio 2021 la delibera del 16 marzo 2021, n. 305 della Giunta regionale veneta, la quale apriva alla possibilità di utilizzare gli Operatori sociosanitari (Oss) per eseguire atti propri dell’assistenza clinica del paziente di competenza esclusiva di medici e infermieri. I sindacati, inoltre, chiedono di “valutare la possibilità di rimodulare gli orari”, come se quelli attuali non fossero già abbastanza stressanti; in questo modo non si fa altro che ridurre ulteriormente la qualità dei servizi offerti, aumentare il numero degli infortuni e, di conseguenza, peggiorare ancora di più la reputazione delle RSA.13 Di pari passo ESTAR, l’ente pubblico che si occupa del servizio sanitario regionale toscano, ha aperto un bando ad hoc per le RSA, chiedendo agli esclusi dal pubblico di manifestare la propria disponibilità per lavorare con i privati, per i quali molto probabilmente già lavorano.

In tanti invece insistono sull’allentamento del vincolo di esclusività da parte delle aziende sanitarie pubbliche, come avvenuto nel caso dei vaccini, che permetterebbe agli infermieri del pubblico di dare una mano alle aziende private. La rimozione del vincolo di esclusività però va in forte contrasto con le richieste mirate all’aumento salariale: vogliamo puntare sulla qualità, migliorano l’assistenza, oppure vogliamo guadagnare soldi lavorando 44 ore a settimana, riducendo in questo modo inevitabilmente la qualità dell’assistenza offerta? Ricordiamoci che non svolgiamo un lavoro meccanico, non siamo operai in una fabbrica, ma interagiamo con persone.
Sempre in Veneto, su proposta dell’assessore regionale alla sanità e ai servizi sociali, Manuela Lanzarin la Giunta ha deciso di “prestare” alle RSA più di 450 infermieri, che saranno retribuiti dalle aziende sanitarie private di appartenenza, secondo il proprio CCNL, e la differenza dei due trattamenti sarà invece a carico del SSN.

In tutte queste proposte manca una strategia a lungo termine da parte del Sistema Sanitario Regionale (SSR). Infatti i vertici del SSR, che sono una diretta emanazione della politica regionale, che appunto li nomina, non sembra ci sia nessuna visione prospettica, che mira a recuperare, rivalorizzare e, ancora meglio, riformare il servizio delle RSA, incompatibile con i tempi che corrono.

Per i nostri nonni e nonne

Le residenze per anziani sono nate per essere una realtà assimilabile al proprio ambiente familiare, con il valore aggiunto che è assicurata un’assistenza sanitaria 24 ore al giorno. Bisogna considerare anche che l’anziano in RSA è a casa propria, ha le sue abitudini, i suoi giorni felici e i suoi giorni tristi. Nei setting operativi orientati prettamente alla gestione dell’acuto, tutti questi aspetti non vengono considerati, mentre in RSA viene data molta importanza al contesto in cui gli anziani vivono. Per questo in RSA è importante che l’anziano possa avere il tempo di scegliere quale abito indossare, cosa mangiare, quali attività svolgere. È in questa realtà che l’infermiere ha la possibilità di prendere in carico la persona da tutti i punti di vista, adottare delle strategie, porsi degli obiettivi, seguire i suoi miglioramenti o correggere il percorso. In questa realtà è fondamentale anche la relazione che si instaura con l’anziano: fermo restando che il rischio di burnout è sempre dietro l’angolo, il lavoro in RSA dà al professionista la possibilità di applicare in pieno la teoria secondo cui il tempo di relazione è tempo di cura. 

Tutti noi prima o poi diventeremo anziani, ed è impossibile pensare di gestire i nostri bisogni in totale autonomia. Avere la certezza che c’è la possibilità di accedere a delle strutture che offrono assistenza di qualità, sapere che ci sarà qualcuno che riuscirà a prendersi cura di noi, è sicuramente un motivo di tranquillità per tutti. Per ottenere questo però c’è bisogno che al professionista sia garantito il giusto carico di lavoro e gli sia permesso di lavorare in condizioni ottimali. È sul campo che si comprende davvero quale sia la differenza in termini di qualità, lavorando “per” l’utente e non “grazie” a lui. I manifesti che pubblicizzano i servizi per gli anziani con l’immagine del nonno sorridente devono diventare realtà. I nostri anziani non devono più subire il malessere degli operatori, perché domani saremo noi ad essere completamente dipendenti da loro e saremo noi quelli investiti dagli effetti delle scelte sbagliate. Come citato in precedenza, la carenza di personale ed il conseguente demansionamento a cui è sottoposto l’infermiere, portano ad un aumento degli errori, a volte fatali o che in ogni caso aumentano il tempo di degenza o condizionano pesantemente la qualità di vita a breve e lungo termine. 
Chi vorrebbe mai essere la prossima “vittima” di questo sistema?

Autori

Francesca Fortunato è un’infermiera con il master in management e funzioni di coordinamento per le professioni sanitarie. Attualmente lavora come coordinatrice infermieristica presso la RSA di Montevarchi (AR) ed è componente della Commissione d’Albo Infermieri dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Arezzo.
Hamilton Dollaku è un infermiere, laureato in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche, che lavora presso l’IRCCS Don Carlo Gnocchi di Firenze nel reparto di riabilitazione cardiologica e respiratoria ad alta specializzazione.
Con il contributo di:
Francesco Belli è un dirigente provinciale della Funzione Pubblica CGIL di Firenze e si occupa di lavoro nelle RSA e nel comparto sociosanitario da 12 anni.

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Conflitti di interesse

Gli autori dichiarano che l’articolo non è stato pubblicato in precedenza e che non sussistono conflitti di interesse.

Bibliografia

  1. “La strage silenziosa nelle RSA” di Bocci M., Baldessarro G., di Raimondo R., Di Feo G., Dazzi Z., Pertici L., Gallione A., Bulfon F. la Repubblica Bologna Link
  2. “Reggio Calabria: sequestrata casa di cura per anziani, 5 Rsa sospese” di Candito A. – la Repubblica Link
  3. “La regione Lombardia è nei guai per le RSA” su ilPost Link
  4. Indagine sulle RSA – Istituto Superiore della Sanità Link
  5. Auser – Associazione per l’invecchiamento attivo, Le case di riposo in Italia, un settore che non conosce crisi (PDF), su speciali.espresso.repubblica.it. Link
  6. Gazzetta Ufficiale – Articolo 4 Link
  7. “Rsa del Piemonte. Nursind: “Un solo infermiere per 40 pazienti, di notte anche 200. La situazione è drammatica” – Quotidiano Sanità Link
  8. Esodo infermieri dalle Rsa, appello al Ministro Speranza – Uneba Link
  9. Linee Guida del Ministero della Sanità sulle Residenze Sanitarie Assistenziali, su www.fondazionepromozionesociale.it. URL consultato il 1º giugno 2021. Link
  10. Articolo 52 Testo unico sul pubblico impiego (TUPI) (D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165) [Aggiornato al 31/03/2021] “Disciplina delle mansioni” Link
  11. Tribunale di Catania – dott.ssa Laura Renda, all’udienza del 27/04/2021 trattata ai sensi dell’art. 221 comma 4 del D.L. n. 34/2020 (“Modifica dell’articolo 83 del decretolegge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, disposizioni in materia di processo civile e penale”) come sostituito dalla legge di conversione n.77/2020 Link
  12. “Il grido di allarme dell’Opi di Firenze-Pistoia: «Mancano infermieri nelle Rsa»” su Agenziaimpress.it Link

Cita l’articolo

Copia il seguente testo:
Fortunato F., Dollaku H. “La condizione degli infermieri nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) e sociosanitarie: un’analisi qualitativa e quantitativa”. infermieristica journal. 15 Luglio 2021.

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