La terapia inalatoria nasce 4000 anni fa: una revisione storica


L’antichità

L’inalazione dei farmaci ha una lunghissima tradizione e, considerata la sua efficacia nel trattamento delle patologie respiratorie, è presente tutt’oggi, seppur modernizzata e resa più efficace con l’avanzare della ricerca e della tecnologia. Nasce 4000 anni fa in India nell’ambito della medicina ayurvedica, dove, sotto forma di fumo attivo e passivo di erbe, veniva usato per il trattamento di diverse patologie1,2, come l’asma. I medici indiani, Charaka e Sushruta, hanno riportato nei loro scritti istruzioni dettagliate per la preparazione di composizioni a base di erbe, inclusa la Datura (piante della famiglia delle Solanaceae), che veniva fumata in una pipa o in una sigaretta.3

Figura 1. Una rappresentazione del rilascio dell’aerosol descritto nel papiro di Ebers.

Successivamente il primo riferimento che riguarda la somministrazione di aerosol terapeutici è un antico papiro egiziano (Papiro di Ebers) risalente al 1554 a.C.4 Tra le sostanze più antiche assunte per inalazione troviamo il fumo di oppio, che aveva sia scopi terapeutici che ricreativi. Il primo riferimento noto del fumo di oppio risale al 1100 a.C. in Cina,5 una pratica che aveva probabilmente origini precedenti a causa dell’importanza della coltivazione dell’oppio in quell’epoca. 

Nel II secolo d.C., il medico greco Galeno di Pergamo accennò dell’inalazione di farmaci in polvere per alleviare i disturbi nasali e toracici.6 In particolare, Galeno descrisse l’inalazione di polveri di mirra e noce di cocco attraverso una canna piegata per curare il dolore e attribuì l’origine di questa pratica di inalazione di polvere ad Esculapio, il Dio greco della medicina e della guarigione.7 Più o meno nello stesso periodo, un altro medico greco, Areteo di Cappadocia, utilizzò uno strumento simile per l’inalazione di polveri, utili per la cura dei disturbi della laringe nei bambini.8 Più in là il noto storico romano, Plinio il Vecchio (23–79 dC), raccomandava l’efedra (pianta cespugliosa) mescolata con vino rosso come rimedio per l’asma. È interessante notare come Plinio, che ha raccomandato anche una serie di altri rimedi per l’asma, poco funzionali al suo trattamento (es., bere il sangue di cavalli selvaggi oppure fiele di orso mescolato con acqua o millepiedi imbevuti di miele!), nel suo The Natural History of Pliny ha dato un contributo significativo nell’identificare un legame tra l’esposizione ai pollini e il distress respiratorio, tradotto nel 1856 da Bostock e Riley9. L’efedrina, che sarebbe stata successivamente isolata dall’efedra dal chimico giapponese Nagayoshi Nagai nel 188510, rimase ampiamente utilizzata per il trattamento della tosse e delle malattie respiratorie fino agli anni ’50, quando iniziò ad essere rimpiazzata da altri broncodilatatori con migliori profili di sicurezza. Attualmente l’efedrina solfato è ancora disponibile negli Stati Uniti, ma su di essa ci sono normative e restrizioni significative.

Nel IV o V secolo d.C. il medico romano Celio Aureliano fornì una chiara descrizione dei sintomi dell’asma bronchiale e propose l’inalazione di vapore dell’acqua di mare come tecnica per trattare gli episodi asmatici.11

Dal medioevo alla rivoluzione industriale

Ci furono relativamente poche innovazioni importanti nella somministrazione di aerosol terapeutici durante il periodo tra la caduta di Roma (476 d.C.) e l’inizio della rivoluzione industriale (1760 d.C. circa).

La figura con la maggiore influenza sull’inalazione di aerosol terapeutici durante il Medioevo fu il medico spagnolo, Maimonide (1138-1204 d.C.), che, fuggendo dalla Spagna, divenne il medico personale di Saladino, il sultano d’Egitto (1137 1138–1193 d.C.). Maimonide aveva il compito di prendersi cura del figlio asmatico del sultano e nel 1190 scrisse il primo libro conosciuto sull’asma (Trattato sull’asma).

Figura 2. Il più antico disegno di un inalatore terapeutico sviluppato nel 1654 dal medico inglese Christopher Bennet. Immagine gentilmente concessa da Mark Sanders.

Maimonides ha fornito numerose altre raccomandazioni dietetiche per la gestione dell’asma e ha riconosciuto il legame tra l’inquinamento atmosferico e l’asma.12 Infatti Maimonide avvio un’interessante riflessione, riportata così nei suoi libri: “L’aria della città è stagnante, torbida e densa […]. I venti la trasportano furtivamente all’interno delle case e molti si ammalano di asma senza nemmeno accorgersene. Sarà fondamentale avere un’aria pulita per preservare la salute del proprio corpo e della propria anima”[citato in Brenner13]. Dopo Mosè Maimonide notevoli contributi arrivarono dal medico indiano Yogaratnakara, che nel XVII secolo fornì ulteriori descrizioni e modifiche alla terapia del fumo di Datura14 e dal medico inglese, Christopher Bennet, il cui disegno del 1654 è la più antica illustrazione nota di un dispositivo per inalazione3.

Nel 1764, con la pubblicazione del libro “Medical Advice to the Consumptive and Asthmatic Peoples of England”, il medico inglese Philip Stern prescrisse la sua ricetta personale per l’inalazione di vapori balsamici funzionali al trattamento dell’asma. Il libro di Stern fu rivoluzionario, in quanto intendeva fornire istruzioni per la cittadinanza piuttosto che per i medici.15 Successivamente John Mudge, sempre medico inglese, nel suo libro “A Radical and Expeditious Cure for a Recent Catarrhous Cough” ha coniato per la prima volta il termine di “inalatore” per descrivere un dispositivo moderno, che erogava aerosol a base di vapore.16 Il dispositivo inalatore, introdotto per la prima volta nel 1778, consisteva in un boccale di peltro, avente un volume di circa una pinta, con un coperchio che aveva una copertura sulla parte superiore, dal quale emergeva un adattatore che poteva essere accoppiato a un lungo tubo flessibile, attraverso il quale il paziente inalava per circa i 20-30 minuti il contenuto evaporato dal suo interno. Attraverso l’uso intelligente della valvola i pazienti erano in grado di mantenere le labbra sul boccaglio e di inspirare ed espirare attraverso il tubo in un modo simile a molti nebulizzatori moderni.

Figura 3. Un disegno (a) e una foto (b) del Mudge Inhaler. Immagine gentilmente concessa da Mark Sanders.

Per tutto il 1800 l’inalazione di vapori medicati da soluzioni acquose continuò a essere una modalità primaria per il trattamento dei disturbi respiratori. Vari inalatori ceramici con funzionalità simili all’inalatore di Mudge furono commercializzati e guadagnarono popolarità in Inghilterra nel 19esimo secolo. L’inclusione di queste terapie nella Farmacopea Britannica era segno che queste terapie avevano ricevuto un’ampia accettazione da parte della comunità scientifica.17

La diversificazione dei dispositivi nel 1950

L’ultima metà del 19esimo secolo ha visto innovazioni senza precedenti nell’area delle tecnologie di erogazione di aerosol farmaceutici. L’introduzione di nebulizzatori, progressi nella commercializzazione delle sigarette per l’asma18 e una serie di altre tecnologie di erogazione hanno rimodellato significativamente la pratica della somministrazione di farmaci alle via respiratoria. L’inalazione di ammoniaca è stata raccomandata da Henry Hyde Salter nel suo famoso libro del 1860 “On Asthma its Pathology and Treatment”, come forma di terapia inalatoria. Nel 1890 il Wyeth Pencil Inhaler fu commercializzato come trattamento portatile e conveniente di vari disturbi, tra cui catarro, bronchite e croup.19

Un’altra innovazione interessante durante questo periodo fu un brevetto di Helbing e Pertch20 nel 1899. Si trattava di un generatore di aerosol liquido a base di propellente, che utilizzava cloruro di etile o metile (ora considerato tossico per inalazione) come propellente per atomizzare il liquido. L’invenzione utilizzava il calore della mano per aumentare la tensione in questi liquidi (rispettivamente 135 e 506 kPa a 20°C) e forniva una pressione sufficiente per atomizzare la formulazione attraverso un piccolo orifizio. Clark21 sottolinea che l’inalatore Helbing e Pertch era per molti aspetti un precursore dell’inalatore a dose misurata pressurizzata (MDI), che dopo la sua introduzione nel 1956 avrebbe rimodellato il trattamento delle malattie polmonari. 

Le sigarette per l’asma

Figura 4. Sigarette per l’asma di Page. Immagine gentilmente concessa da Mark Sanders.

Dopo essere state introdotte negli Stati Uniti dal medico Samuel Cooper nel 1797 e in Gran Bretagna nel 1802 dal Generale Gent al suo ritorno dall’India, lo stramonio fumato divenne rapidamente molto popolare per i suoi benefici nei pazienti affetti da asma. Tuttavia, all’inizio del XX secolo, c’è stato un passaggio verso la produzione commerciale su larga scala di sigarette per l’asma, che venivano vendute direttamente a pazienti. Un certo numero di queste sigarette con stramonio disponibili in commercio erano ampiamente utilizzate in Europa, negli Stati Uniti e in Cina22. Alcune delle sigarette includevano altre erbe come foglie di tè, noci di cola, lobelia e foglie di atropa belladonna, tutte contenenti l’atropina. L’atropina infatti, farmaco anticolinergico, è un farmaco estremamente efficace per il trattamento dell’asma e della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Insieme ad altri farmaci strutturati analogamente, come l’ipratropio e il tiotropio, l’atropina è una componente fondamentale per la terapia dell’asma e la BPCO, con vendite annuali nel 2014 superiori a 7 miliardi di dollari. 

Considerati i numerosi studi che mostrano i rischi per la salute associati al fumo di sigaretta, può sembrare strano che le sigarette fossero l’opzione terapeutica preferita dai pazienti con patologie polmonari. Ovviamente oggi sappiamo bene che il fumo di sigaretta contiene una grande quantità di catrame e una serie di altre sostanze tossiche, che si sarebbero rivelate dannose per la funzione polmonare. Tuttavia, l’impatto negativo del fumo di sigaretta si è manifestata gradualmente nel tempo, dopo che i suoi effetti si sono manifestati successivamente con lo sviluppo delle varie patologie (BPCO, cancro, etc).

L’era degli atomizzatori e nebulizzatori

Figura 5. Il pulverisateur sviluppato da Jean Sales-Girons nel 1858. Immagine gentilmente concessa da Mark Sanders.

Un progresso significativo nella somministrazione di aerosol terapeutici è avvenuto con l’invenzione e il perfezionamento di dispositivi, che trasformavano un liquido medicato in goccioline fini per inalazione. Questi dispositivi erano categorizzati in atomizzatori e nebulizzatori. 
Nel 1858, Jean Sales-Girons inventò un atomizzatore portatile, che utilizzava la maniglia della pompa per aspirare la soluzione liquida da un serbatoio e atomizzarla attraverso un piccolo ugello, per poi dirigere tutto verso una piastra di compressione: il risultato finale era uno spray sottile23 da inalare. In seguito, come potete vedere nella Figura 5, è stato sviluppato anche il nebulizzatore di Sale-Giron, che venne chiamato Pulverisateur (fig 5).

Pe quanto riguarda i dispositivi atomizzatori, questi trasformavano il liquido in particelle fini, ma non possedevano il sistema di deflettori dei dispositivi nebulizzatori e di conseguenza generavano spray aerosol piuttosto grossolano, di cui solo una piccola porzione delle goccioline abbastanza piccole andavano a depositarsi nel polmone.24 Questo problema invece non si presentava nei nebulizzatori, che erano sempre degli atomizzatori ma contenevano un sistema di deflettori per rimuovere le goccioline grossolane dal flusso d’aria25 e quindi fornivano un aerosol che aveva maggiori probabilità di depositarsi nei polmoni. 

Nel 1862 il medico tedesco Bergson sviluppò un approccio diverso per trasformare il liquido in goccioline fini. Il suo dispositivo, chiamato Hydrokonium, era un atomizzatore a getto d’aria, in cui un getto d’aria ad alta velocità, generato utilizzando un bulbo di compressione in gomma, passava direttamente su un altro tubo attraverso il quale veniva aspirato e successivamente atomizzato.24 Questo approccio dell’atomizzatore a getto d’aria, che sarebbe stato ampiamente applicato su molti altri atomizzatori e nebulizzatori, applicava il principio descritto nel 1738 dal fisico svizzero Daniel Bernoulli e sfruttato dal fisico italiano Giovanni Battista Venturi.24

Atomizzatori e nebulizzatori sono diventati rapidamente un’opzione terapeutica chiave per il trattamento di un’ampia gamma di malattie respiratorie. Il primo nebulizzatore di plastica, il nebulizzatore Wright, fu introdotto negli anni ’50. Lo stampaggio della plastica ha consentito successivamente una migliore precisione dell’orifizio Venturi e ha permesso la produzione di spray molto più fini, in grado di raggiungere le vie aeree inferiori, elevando così le sue prestazioni ai nebulizzatori moderni.

I primi dispositivi portatili

Il primo dispositivo a polvere secca (Dry Power Inhaler, DPIs) fu inventato dal medico di Boston Dott. Ira Warren nel 1852 (Figura 6). Era un inalatore di vetro, costituito da una camera d’aria perforata con fori sottili, all’interno del quale veniva posto il medicinale in polvere. Il tubo interno era avvolto da un tubo esterno, che terminava in un boccaglio. Il tubo interno veniva fatto roteare a mano mentre il paziente inalava, provocando così la trasformazione della polvere in aerosol, che usciva dai fori, proseguiva dal tubo interno e veniva inalato dal paziente attraverso il boccaglio. L’inalatore fu venduto per 1$ insieme ai flaconcini di polvere da inalare, che potevano essere acquistati invece per $ 0,50 cadauno. Le polveri disponibili sul mercato erano nitrate d’argento, solfato di rame e nitrato di mercurio (pubblicazione sul Boston Medical and Surgical Journal il 3 novembre 1852).

Figura 6. Un disegno del DPI inventato da Ira Warren nel 1852.

Il primo dispositivo che ha avuto però davvero successo al livello commerciale risale al 1948. Parliamo dell’Aerohalor di Abbott, che somministrava il beta-agonista isoprenalina (isoproterenolo). (Fig. 7)

Figura 7. Un’immagine (a) e un disegno schematico (b) dell’Aerohalor di Abbott. Immagine gentilmente concessa da Mark Sanders.

Il periodo che va dal 1956 al 1986 ha segnato in maniera notevole la modernizzazione dei dispositivi che generavano aerosol terapeutici che vengono ampiamente utilizzati ancora oggi. Nell’aprile del 1955 una ragazza di nome Susie Maison era piuttosto scontenta del suo grande nebulizzatore a bulbo, che usava per curare l’asma. Questo scontento si trasformò in una domanda, che rivolse a suo padre, George Maison, medico e presidente dei Riker Laboratories: “Papà, perché non hanno messo la mia medicina per l’asma in una bomboletta spray come fanno per la lacca per capelli?”

Questa domanda fu rivoluzionaria e ha dato il via allo sviluppo di una nuova importante terapia, l’MDI.26 L’introduzione dell’inalatore a dosaggio controllato (Metered Dose Inhaler, MDI) nel 1956 è stato un importante passo in avanti nel trattamento delle malattie respiratorie, in particolare per l’asma, e ha cambiato la vita a milioni di persone in tutto il mondo. Entro 2 mesi dalla domanda di Susie, i Riker Laboratories hanno iniziato i test clinici sulle formulazioni MDI di isoproterenolo ed epinefrina, utilizzando formulazioni in soluzione (sviluppate da Irving Porush di Riker), contenenti una miscela di Freon 12™ e Freon 114 ™ con il 35% p/p di etanolo.

C’è da dire che uno dei principali limiti dell’MDI è la sfida che alcuni pazienti devono affrontare nel suo utilizzo, ossia coordinare l’attivazione del dispositivo con la manovra di inalazione. In una valutazione clinica sull’MDI, Freedman affermò che la causa principale della scarsa risposta con Medihaler era stata l’incapacità dei medici di sottolineare al paziente l’importanza della sincronizzazione dell’ispirazione con la somministrazione della dose.27

Figura 8. Un disegno del primo MDI, Medihaler Iso.

Man mano che cresceva la consapevolezza che alcuni pazienti avevano difficoltà a sincronizzare il rilascio di una dose dal MDI con l’inalazione, è diventata evidente l’opportunità di un MDI che potesse attivarsi con il respiro. Il primo MDI attivato dal respiro, l’Autohaler, è stato commercializzato da Riker nel 1970 come Duohaler (isoproterenolo cloridrato e fenilefrina bitartrato) ed è stato seguito a breve dall’Iso-Autohaler (isoproterenolo). Consisteva in una fiala di vetro rivestita di plastica aggraffata a una valvola dosatrice da 50 mcl, di un formulatore e di un adattatore collegato ad un boccaglio in plastica. L’Autohaler era un robusto dispositivo tascabile, che i pazienti trovavano comodo e semplice da usare, ma con un successo commerciale solo marginale.28 Nella Figura 8 è rappresentato il primo dispositivo Autohaler.

Nel 1958, Franklin et al. hanno dimostrato che la deposizione nella bocca e nella gola poteva essere ridotta in modo significativo utilizzando dispositivi aggiuntivi e più nello specifico si riferivano ad un tubo di plastica dal diametro di 2,5 cm e dalla lunghezza di 30 cm .  Un primo distanziatore ampiamente utilizzato era il Breathancer®, introdotto da Ciba-Geigy alla fine degli anni ’70.29

Dal 1987 a oggi

Il periodo dal 1987 ad oggi è stato un periodo di innovazione e crescita senza precedenti per i farmaci somministrati per via inalatoria. La firma del protocollo di Montreal nel 1987 ha portato ad un’impennata dell’innovazione verso lo sviluppo di nuovi inalatori e tutto ciò ha plasmato l’attuale mercato dei device. Le vendite annuali di inalatori sono aumentate da 7 miliardi di dollari30 nel 1987 a 36 miliardi di dollari nel 2014 e alla fine nel 2014 ha superato i 90 miliardi31

Figura 5. Il numero dei brevetti statunitensi contenenti la frase “inalatore a dose misurata” o “inalatore a polvere secca” nel titolo, nelle citazioni o nell’abstract tracciato. Evidente l’impennata dopo la firma di Montreal  (1987)

La maggior parte dei farmaci attualmente utilizzati nel trattamento dell’asma e della BPCO sono stati scoperti e introdotti in commercio dopo il 1987. Questi nuovi importanti farmaci, sviluppati durante questo periodo per il trattamento dell’asma e della BPCO, includevano nuovi steroidi (es., budesonide, fluticasone, flunisolide, mometasone), LABA (es., formoterolo, salmeterolo, indacaterolo, vilanterolo) e farmaci anticolinergici rielaborati e migliorati (es., ipratropio, tiotropio, glicopirrolato, aclidinio). La ricerca, inoltre, ha dimostrato che la sinergia terapeutica di LABA e corticosteroidi32,33 ha portato ad una rapida crescita nelle terapie combinate, tanto da garantire il 50% dei proventi del mercato (2014) a Advair/Seretide (MDI e DPI), Spiriva Handihaler DPI, e Symbicort (MDI e DPI)32, prodotti che fanno uso di queste combinazioni. Oltre a ridurre la deposizione nella bocca e nella gola, è stato dimostrato inoltre che i distanziatori aggiuntivi aumentano la deposizione di un’alta percentuale del farmaco nelle piccole vie aeree.34 Oggi è disponibile in commercio un’ampia varietà di distanziatori e di camere di tenuta.35

La Tabella 1 mostra un elenco di prodotti MDI approvati dalla FDA statunitense dal 1956, che utilizzano propellenti clorofluorocarburi (CFC). Un secondo importante passo avanti nel trattamento dell’asma durante questo periodo è stata l’introduzione dell’albuterolo (noto anche come salbutamolo). 

Anno, nome del prodottoFarmaco (i)Azienda
1956, Medihaler EpiEpinefrinaRiker
1956, Medihaler IsoIsoproterenoloRiker
1956, Medihaler NitroNitrato di ottileRiker
1957, Medihaler PhenFenilefrina / neomicina / idrocortisoneRiker
1959, Medihaler ErgotamineErgotaminaRiker
1962, Medihaler DuoIsoproterenolo cloridrato / fenilefrina bitartratoRiker
1970, DuohalerIsoproterenolo cloridrato / fenilefrina bitartratoRiker
1970, Iso-AutohalerIsoproterenoloRiker
1973, AlupentMetaproterenolo solfatoBoehringer Ingelheim
1981, ProventilAlbuterolSchering
1981, VentolinAlbuterolGlaxo Wellcome
1982, BecloventBeclometasone dipropionatoSchering
1982, VancerilBeclometasone dipropionatoGlaxo Wellcome
1982, AzmacortTriamcinolone acetonideRhône-Poulenc
1984, AerobidFlunisolideRoche
1985, IntalCromolyn sodicoFisons
1986, AtroventIpratropio bromuroBoehringer Ingelheim
1986, MaxairPirbuterolo acetato3 M
1992, Maxair AutohalerPirbuterolo acetato3 M
1995, albuterolo genericoAlbuterolIVAX
1996, albuterolo genericoAlbuterolPliva
1996, CombiventAlbuterolo / ipratropioBoehringer Ingelheim
1996, albuterolo genericoAlbuterolArmstrong
1997, albuterolo genericoAlbuterolGenPharm
Tabella 1. Un elenco parziale dei prodotti inalatori con dosaggio di CFC approvati dalla FDA statunitense

Attualmente nel mercato, però, esistono diversi e numerosi dispositivi, perfezionati nel tempo. I più utilizzati, come descritto prima, sono gli inalatori contenenti il farmaco pressurizzato e predosato (“pressurised metered-dose inhalers”, pMDIs) o quelli che possiedono il farmaco sotto forma di polvere secca (“dry power inhalers”, DPIs). Altri dispositivi portatili sono i seguenti: inalatori pressurizzati attivati dal respiro (Breath-actuated pressurised metered-dose inhaler, BA-pMDI o BAI)36 e dispositivi “soft-mist (“Soft-Mist Inhaler”, SMI), di cui è in commercio solo il Respimat37. Oltre a tutti questi dispositivi elencati sopra, abbiamo anche i classici nebulizzatori, utili per trattare il BPCO oppure l’asma durante la riacutizzazione38.

Uno sguardo sul futuro

Ci sono molti fattori che possono cambiare il futuro mercato dei dispositivi inalatori e tra questi dobbiamo tener conto dei costi sanitari che questi comportano e dei passi avanti fatti dalla tecnologia nell’elaborare nuovi sistemi di somministrazione. In più su questi dispositivi incombe la scadenza dei brevetti, che comporterà un’ampia produzione di inalatori generici, riducendo così la pressione dei prezzi. Questo fenomeno ha di pari passo aumentato notevolmente anche i finanziamenti delle aziende farmaceutiche sullo sviluppo di nuovi inalatori con cui sostituire i vecchi. Nel 2013 la FDA, attraverso due pubblicazioni (Draft Guidance39,40), ha cercato di fare delle previsioni su quelle che sarebbero state le normative che avrebbero dovuto regolare gli inalatori generici. Mentre sul mercato statunitense attualmente non esiste un MDI generico, su quello europeo invece c’è lo Sirdupla ™, un generico di Seretide® Evohaler®, sviluppato da Mylan e 3M. Per quanto riguarda invece il DPI non esistono generici approvati né negli Stati Uniti né in Europa.

È probabile che la spinta per gli inalatori a basso costo sarà contrastata di pari passo dal desiderio di nuovi inalatori ad alta tecnologia, con capacità avanzate e più efficienti. Qualche dispositivo ad alta tecnologia, nel frattempo, è stato prodotto: parliamo per esempio del MD Turbo, sviluppato da Respirics, di Propeller, sviluppato da Propeller Health, e di Smartinhaler, sviluppato da Adherium Ltd.41 Per quanto riguarda questi ultimi, presentano numerosi vantaggi per i pazienti, tra i quali elenco i seguenti:
1. Viene segnalato se la fornitura di un dispositivo è a termine e l’assunzione della dose è regolata da un promemoria;
2. Durante l’assunzione supportano il respiro, migliorando così l’inalazione;
3. Addestrano il paziente al loro utilizzo, migliorando la manovra di inalazione;
4. Registrano l’ora e il luogo in cui viene inalata ciascuna dose, valutandone l’aderenza al dosaggio prescritto dal medico.

Alcuni sistemi, come quello offerto da Propeller Health, senza non pochi problemi inerenti alla privacy, dispongono della funzionalità Bluetooth per la loro sincronizzazione con le app dentro gli smarphone e consentono al paziente di condividere i dati del trattamento con altri. In questo modo sia i familiari che medici ed infermieri possono monitorare la sua aderenza o, addirittura, possono controllare lo stato della malattia. Questo sistema ovviamente presenta ancora molti problemi legati alla privacy, problemi che i vari governi dovranno regolare, da una parte dando il massimo beneficio al paziente e dall’altra tutelandolo sull’utilizzo di questi dati. C’è da dire però che, se questi nuovi dispositivi dimostreranno di essere molto efficaci, potranno ovviamente ottenere un’ampia accettazione dai vari Ministeri della Salute dei vari paesi, che, oltre la privacy, potrebbero essere disposti a sostenere comunque i loro prezzi elevati, cambiand in futuro l’interazione tra il paziente e il loro inalatore.

Hamilton Dollaku lavora come infermiere presso l’IRCCS Don Carlo Gnocchi di Firenze nel reparto di riabilitazione cardiologica e respiratoria ad alta specializzazione.

L’accesso a questo articolo è aperto. infermieristica journal consente il suo uso, distribuzione e riproduzione senza restrizioni con qualsiasi mezzo, a condizione che il lavoro originale sia adeguatamente accreditato .

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L’articolo prodotto dall’autore prende spunto da “The History of Therapeutic Aerosols: A Chronological Review”, pubblicato sul Journal of Aerosol Medicine and Pulmonary Drug Delivery, che ci ha autorizzato a tradurre e pubblicare alcune parti. Per maggiori informazioni clicca qui

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