Abstract
Introduzione: Ogni anno un numero notevole di pazienti in tutto il mondo sviluppa infezioni presso il sito chirurgico (SSI) e altre complicanze relative all’incisione. Inoltre sta aumentando il numero e la complessità degli interventi chirurgici, poiché l’età media della popolazione si sta innalzando e la multimorbilità diventa più comune. L’obiettivo di questo articolo consiste nel sintetizzare in un unico documento quelle che sono le raccomandazioni più significative da attuare nella pratica clinica. al fine di prevenire le SSI ed altre complicanze associate.
Materiali e metodi: È stata effettuata una revisione della letteratura nel mese di Aprile 2021 attraverso il motore di ricerca PubMed. Le parole chiave utilizzate durante la ricerca sono: “surgical wound”, “surgical wound infection”, “surgical wound dehiscence”. Ciascuna delle parole chiave è stata combinata con “nursing” attraverso l’operatore boleano “AND”. Sono stati applicati dei filtri nella ricerca che includessero metanalisi e linee guida degli ultimi cinque anni. Per completezza sono stati consultati anche documenti di posizionamento e linee guida internazionali che trattavano l’argomento scelto.
Discussione: La prevenzione delle infezioni del sito chirurgico è complessa e richiede un approccio multidisciplinare, che includa il coinvolgimento del paziente e del caregiver. La letteratura suggerisce che le riammissioni potrebbero essere ridotte garantendo un migliore coordinamento delle cure con i team di assistenza ambulatoriale, riducendo al minimo la frammentazione dell’assistenza post-dimissione, sviluppando programmi di assistenza domiciliare che migliorino la qualità della formazione e delle istruzioni di dimissione fornite ai pazienti. Esiste una considerevole base di evidenze nella gestione peri-operatoria del paziente con linee guida standardizzate per la prevenzione delle SSI e sono state fornite gli estratti più significativi per la pratica clinica. Vi è, inoltre, una letteratura in continua espansione che ha dimostrato l’efficacia della terapia a pressione negativa (NPWT) come misura profilattica nella prevenzione delle SSI. Si raccomanda di essere prudenti nell’uso della terapia antibiotica per la prevenzione e la gestione delle SSI. Il trattamento deve essere guidato dal sito della SSI, dalle condizioni del paziente e dalla diagnosi microbiologica.
Conclusioni: Occorrono nuovi studi che valutino il rapporto costo-beneficio della NPWT in determinate condizioni cliniche e in determinate procedure chirurgiche considerate a rischio di SSI in modo da poter fornire raccomandazioni sull’utilizzo di questa tecnologia nella pratica clinica. Attualmente rimane il “gold standard” per la gestione delle deiscenze chirurgiche, in particolare addominali e sternali.
Introduzione
Le procedure chirurgiche comportano la creazione di un’apertura nella pelle, creando una ferita i cui margini sono suturati temporaneamente attraverso dei punti di sutura o clip metalliche, e ravvicinati facendo attenzione alla manipolazione dei tessuti e ad un uso corretto degli strumenti chirurgici, il tutto al fine di determinare una guarigione spontanea della ferita.
Si stima che, ogni anno, ci siano 234,2 milioni di interventi chirurgici che vengano condotti in tutto il mondo. La maggior parte sono considerati relativamente sicuri. Tuttavia, alcuni interventi chirurgici hanno delle complicanze che avvengono nel post-operatorio, come le infezioni del sito chirurgico (SSI) o le deiscenze (SWD), che hanno un impatto considerevole sul paziente, la loro famiglia e sul sistema sanitario in generale.¹ L’infezione del sito chirurgico è il tipo di infezione più studiato e più frequente nei paesi a basso reddito e che colpisce fino a uno terzo dei pazienti sottoposti ad una procedura chirurgica. Anche se l’incidenza delle SSI è molto più bassa nei Paesi ad alto reddito, le SSI rimangono il secondo tipo più frequente di infezione correlate all’assistenza in Europa e negli Stati Uniti d’America (USA) e in alcuni Paesi europei occupano il primo posto.
Le SSI è un’infezione che si presenta entro 30 giorni dopo l’intervento (o fino a un anno dopo l’intervento chirurgico in pazienti che ricevono impianti) e che interessa la pelle e i tessuti sottocutanei dell’incisione (infezione superficiale) e/o i tessuti molli profondi (per esempio fascia, muscolo) dell’incisione (infezione profonda) e/o un qualsiasi distretto anatomico (organo/spazio, diverso da quello aperto e manipolato durante l’intervento.²
I segni clinici e i sintomi dell’infezione (Tabella 1) includono calore, arrossamento, gonfiore, temperatura corporea elevata ed essudato purulento dalla ferita. Di solito diventano evidenti entro la fine della prima settimana dopo l’intervento chirurgico.¹
Secondo la più recente indagine sulla prevalenza condotta dal Centro Europeo per il Controllo e la Sorveglianza delle Malattie (ECDC), le SSI rappresentavano il 18% delle infezioni associate all’assistenza. L’incidenza cumulativa più elevata è stata per la chirurgia del colon con il 9,5% di casi ogni 100 operazioni, seguita dal 3,5% per i bypass coronarici, 2,9% per i parti cesarei,1,4% per la colecistectomia, 1,0% per la protesi dell’anca, 0,8% per la laminectomia e 0,75% per la protesi al ginocchio.²
Il rischio di SSI dipende da una combinazione di fattori intrinseci ed estrinseci, legati al tipo di intervento e al paziente (Tabella 2).¹ Il 50% delle SSI diventa evidente dopo la dimissione, il fatto che la durata del ricovero sia costantemente diminuita, ha probabilmente contribuito negli ultimi decenni a spostare il peso del problema delle infezioni dagli ospedali ai servizi ambulatoriali. Pertanto, la sorveglianza dopo la dimissione dall’ospedale è importante per determinare accuratamente la prevalenza e l’incidenza di questo complicanza post-operatoria.² Le SSI hanno anche un impatto importante sulla mortalità con un tasso di mortalità del 4,5% nei pazienti che hanno sviluppato una SSI e il 38% di questi decessi è direttamente attribuibile all’infezione. In particolare si è riscontrato un aumento significativo della mortalità intra-ospedaliera associata a SSI profonda o che coinvolge l’organo/spazio per tre principali categorie di chirurgia: protesi dell’anca, chirurgia dell’intestino crasso e chirurgia vascolare. Si stima che fino al 60% delle SSI sia prevenibile e il loro rischio possa essere minimizzato applicando le migliori pratiche nel periodo peri-operatorio. I principali fattori che influenzano l’insorgenza di SSI sono lo stato di salute preesistente del paziente, il tipo di intervento chirurgico e la gestione peri-opertoria in ambito acuto e dopo la dimissione.¹
Materiali e metodi
Nel mese di Aprile 2021 è stata condotta una revisione della letteratura utilizzando come unico motore di ricerca biomedico Pubmed, sono stati applicati dei filtri nella ricerca che includessero metanalisi e linee guida degli ultimi cinque anni. I termini Mesh della ricerca sono stati “Surgical wound”, “Surgical wound infection” e “Surgical wound dehiscence” combinati singolarmente con il termine Mesh “Nursing” attraverso l’operatore boleano “AND”. Dalla ricerca effettuata sono stati trovati 34 articoli, 5 dei quali sono risultati idonei per la stesura di questo articolo, dopo un attenta analisi degli abstracts. Sono state inoltre prese in considerazione le principali linee guida e documenti di posizionamento internazionali che trattassero l’argomento scelto e che hanno contribuito maggiormente alla stesura dell’articolo.
Discussione
Prevenzione preoperatoria ed intraoperatoria
Le complicazioni post-operatorie sorgono come risultato di una combinazione di fattori di rischio correlato al paziente (età, obesità, malattia di base), qualità della procedura chirurgica (durata, tecnica, tipo) e microrganismi coinvolti (numero, virulenza).¹ Gli interventi di prevenzione che possono essere generalmente erogati coincidono con le tre fasi dell’intervento chirurgico: pre-operatorio, intra-operatorio e post-operatorio. Nella tabella 3 si forniscono una sintesi delle raccomandazioni più forti estratte dalle migliori evidenze attualmente disponibili, che riguardano le best practice da attuare nel periodo pre e intra-operatorio.2,3,4,6,7
Fase postoperatoria
La fase post-operatoria è il periodo immediatamente successivo all’intervento. Gli obiettivi primari di questa fase consistono nella gestione della ferita al fine di proteggere i margini approssimati, ridurre al minimo formazione di cicatrici e consentire alla ferita di guarire più rapidamente possibile senza complicanze.1
I principi primari per la gestione del sito chirurgico includono:
- Promuovere la guarigione per intenzione primaria.
- Valutare e ridurre il rischio di complicanze (infezione, deiscenza, sieroma, ematoma).
- Utilizzare sempre una tecnica asettica.
- Proteggere il sito di incisione.
- Promuovere il recupero e il benessere del paziente.
Le medicazioni applicate sulla ferita svolgono un ruolo importante nel sostenere la guarigione, lo scopo principale è garantire la guarigione per intenzione primaria, controllare il sanguinamento post-operatorio, assorbire l’essudato, alleviare il dolore e fornire protezione.
Indipendentemente dalla procedura, tutte le ferite devono essere mantenute il più pulite possibile per prevenire il verificarsi di infezione del sito chirurgico. L’applicazione di medicazioni antimicrobiche deve essere riservata solo a situazioni chirurgiche specifiche riguardanti pazienti ad alto rischio di infezione sottoposti a procedure ad alto rischio di infezione e solo per un periodo di tempo limitato.1 A tale scopo sono utili medicazioni impregnate all’argento, iodio-povidone e poliesametilene biguanide (PHMB).1
Nelle prime 48 ore la medicazione deve essere mantenuta in sede senza cambiarla, a meno che non si verifichino perdite che giustificano il cambio della medicazione. In tal caso la procedura deve svolgersi in condizione di asepsi e si consiglia di utilizzare la soluzione salina sterile. Superate le 48 ore, se non ci sono complicanze, il paziente può effettuare la doccia mantenendo sempre la ferita pulita e asciutta.1,2,3 L’uso di soluzioni antisettiche utilizzate come profilassi per la prevenzione delle SSI non sono raccomandate.4 Vi sono prove limitate per l’uso di medicazioni avanzate nella prevenzione delle SSI. Ciò è dovuto principalmente a una notevole mancanza di studi di livello che determinino l’efficacia comparativa delle medicazioni per ferite in modo controllato e sistematico.9 Tuttavia, nelle recenti linee guida NICE ( 2019) viene raccomandato l’utilizzo di appropriate medicazioni interattive e, quindi, progettate per promuovere il processo di guarigione della ferita attraverso la creazione e il mantenimento di un ambiente locale, caldo e umido sotto la medicazione scelta.3 Nello specifico possono essere utilizzati garze a bassa aderenza (tradizionali o siliconate), idrocolloidi, schiume di poliuretano, alginati e PAD assorbenti a seconda del livello di essudato presente nella ferita.1 Esiste una letteratura emergente sul ruolo della terapia a pressione negativa (NPWT) nella prevenzione delle SSI. Nelle ferite aperte, è stato riscontrato che la NPWT ha effetti che possono essere rilevanti per le incisioni chiuse, ad esempio stimolazione dell’angiogenesi e riduzione dell’edema.8
L’ NPWT utilizzata a scopo profilattico nella gestione di incisioni chirurgiche si è dimostrata utile :
- nella riduzione della tensione laterale
- nel miglioramento della clearance linfatica
- nella riduzione della formazione di sieromi ed ematomi
- nella gestione dell’essudato e nel proteggere l’incisione dalla contaminazione esterna
Una recente revisione Cochrane ha dimostrato con una evidenza di certezza moderata che la NPWT riduce il rischio di infezioni del sito chirurgico in tutte le procedure chirurgiche se paragonate alle medicazioni standard mentre, per quanto riguarda le complicanze secondarie (deiscenza, ematoma e sieroma), vi sono prove di bassa certezza.5 Le valutazioni del rapporto costo-beneficio della NPWT hanno prodotto risultati differenti in diverse situazioni ad esempio: vi sono prove di moderata certezza che la NPWT nella chirurgia ortopedica degli arti inferiori non fosse conveniente mentre lo sarebbe nelle donne obese sottoposte a taglio cesareo. 5
Da questi dati si evince che le decisioni sull’uso razionale della NPWT dovrebbero tenere conto delle condizioni cliniche del paziente e dei rischi specifici per determinate tipologie di intervento chirurgico, ulteriori studi a questo scopo sono necessari per fornire una raccomandazione sull’uso di questa tecnologia nella pratica clinica.
Trattamento delle infezioni del sito chirurgico
Nel caso di sospetto di SSI, gli esami colturali e la tecnica di campionamento risultano molto importanti: si discute molto sull’efficacia del tamponamento della ferita chirurgica con la tecnica di Levine che,ad oggi, è la tecnica più rappresentativa della carica batterica della ferita. Questo metodo è il più semplice per ottenere il campionamento, ma fornisce anche dei dubbi sull’interpretazione clinica dei risultati in quanto il campione può essere condizionato dal microbiota cutaneo. 1 Per le SSI più profonde è necessario acquisire chirurgicamente del materiale aspirato o, nel caso di SSI correlate all’impianto, rimuovere il corpo estraneo e inviarlo al laboratorio microbiologico. 1
Il trattamento delle SSI può essere sia chirurgico che non chirurgico, se indicato un trattamento chirurgico esso deve iniziare il prima possibile dopo la diagnosi di SSI.1
Nelle SSI superficiali, la separazione dei margini rimuovendo i punti di sutura può essere sufficiente, si utilizza un appropriato lavaggio con soluzioni antisettiche e medicazioni antimicrobiche appropriate a seconda della quantità di essudato da drenare.1 Nelle SSI profonde potrebbe essere utile un approccio più aggressivo con un attenta revisione chirurgica della fascia muscolare , drenaggio del pus e medicazioni antimicrobiche appropriate.
Il trattamento non chirurgico prevede l’utilizzo della terapia antibiotica, essa viene presa in considerazione quando la guarigione della ferita è compromessa, c’è una diffusione incontrollata dell’infezione della ferita e vi sono segni clinici sistemici di diffusione dell’infezione.1
Quando è necessaria la terapia antibiotica bisogna tenere in considerazione i risultati microbiologici, la posizione anatomica della SSI, il precedente antibiotico utilizzato, lo stato clinico del paziente e la modalità di somministrazione dell’antibiotico. 1
La terapia antibiotica sistemica delle SSI, sia per via endovenosa che per somministrazione orale, non è solo una questione di copertura antibiotica (cioè lo spettro antibiotico), infatti, affinché sia efficace è importante valutare il grado di concentrazione sulla pelle. Tale capacità, è ulteriormente complicata dall’apporto di sangue compromesso a causa delle procedure chirurgiche in sé, inoltre, la maggior parte degli antibiotici ha una penetrazione relativamente ridotta nella tessuti. Gli antibiotici che hanno dimostrato una maggiore concentrazione nei tessuti sono : Meropenem, Tigecyclina, Linezolid e Tedizolid 1
Nella gestione delle ferite, l’uso topico di antibiotici dovrebbe essere evitato in quanto è un fatto ben noto, che questo uso improprio induce la resistenza agli antibiotici. 1,2,3,4
Deiscenza del sito chirurgico
La deiscenza della ferita chirurgica (SWD) è la separazione dei margini di un’incisione chirurgica chiusa che è stata realizzata sulla pelle, con o senza esposizione o protrusione di tessuti, organi o impianti sottostanti. La separazione può verificarsi in una o più regioni o coinvolgere l’intera lunghezza dell’incisione e può influenzare alcuni o tutti gli strati di tessuto. Una SWD può o non può mostrare segni e sintomi clinici di infezione. 8
Le cause di SWD possono essere classificate come:
- Problemi tecnici con la chiusura dell’incisione: la SWD può verificarsi se il metodo di chiusura dell’incisione fallisce o non è abbastanza forte da trattenere i bordi ed i lati dell’incisione insieme. Ad esempio, la SWD può verificarsi se i nodi di sutura scivolano o le suture si rompono, allungano o tagliano il tessuto perché sono state posizionate anche loro vicino al bordo dell’incisione, troppo distanti e/o sottoposti a una tensione eccessiva. 8
- Sollecitazione meccanica: può derivare da un’eccessiva tensione forzata durante la chiusura della ferita o dal gonfiore dei tessuti intorno dovuto ad edema, quest’ultimo può verificarsi come parte della fase infiammatoria del processo di guarigione o in risposta ad un’infezione. Lo stress meccanico può anche essere dovuto a un ematoma, sieroma o ascesso sotto la superficie di incisione. Nei pazienti con incisioni addominali e toraciche, lo stress meccanico può anche derivare dalle attività che causano un improvviso aumento della pressione intra-addominale e/o intra-toracica, ad es. conati di vomito, vomito, tosse, starnuti e sollevamento di carichi pesanti.8
- Guarigione interrotta : i fattori che possono interrompere la guarigione possono essere suddivisi in fattori locali e fattori sistemici. I principali fattori di rischio per SWD sono obesità (indice di massa corporea (BMI) ≥35 kg/m2), diabete mellito, fumo attuale o recente, intervento chirurgico d’urgenza, età>65 anni, durata prolungata dell’intervento, chiusura chirurgica inadeguata, ipotermia perioperatoria e infezione della ferita. L’infezione aumenta la produzione di enzimi degradativi delle cellule immunitarie e dei batteri che possono interrompere la guarigione e indebolire i tessuti della ferita. Di conseguenza, una SSI può causare una SWD. Al contrario, tuttavia, non tutte le incisioni infette vanno incontro a deiscenza.8
Esiste una notevole variazione nei tassi di SWD tra le procedure chirurgiche, ad es. 0,65% per chirurgia cardiotoracica e 41,8% per la chirurgia del seno pilonidale. Sembra sempre più evidente che la deiscenza sia maggiormente comune nelle categorie contaminate o sporche. 8
La deiscenza può verificarsi in qualsiasi momento dopo l’intervento chirurgico, da un giorno a più di 20 giorni dopo intervento chirurgico,generalmente si verifica tra il 4° e il 14° giorno.8 Il monitoraggio del progresso di guarigione di un’incisione chirurgica consentirà l’identificazione delle incisioni in quale guarigione sta procedendo bene e quelle in cui la guarigione è compromessa e ha il potenziale per progredire verso SWD . Le incisioni a rischio di deiscenza possono mostrare segni di infiammazione che perdurano nel tempo, ad es. arrossamento nel sito chirurgico, gonfiore, calore e dolore che si estendono oltre il 5 giorno post-operatorio. Durante la palpazione si possono rilevare calore e una raccolta di fluido (sieroma, ematoma o ascesso) che possono produrre un aumento del dolore o una scarica di fluido siero-ematico dell’incisione che può preannunciare una SWD. Infatti, la raccolta di liquido, sia esso pus, liquido sieroso o sangue, sotto un’incisione chiusa può aumentare la tensione incisionale e il rischio di SWD. Gli ascessi devono essere drenati per rimuovere il pus in quanto è una potenziale fonte di infezione in corso. I sieromi e gli ematomi possono risolversi spontaneamente, tuttavia, a seconda delle dimensioni, della posizione e dell’impatto sull’incisione, possono verificarsi sieromi ed ematomi che richiedono l’aspirazione o l’inserimento di un drenaggio.8
Un’importante decisione iniziale nella gestione di una SWD riguarda il metodo più appropriato per ottenere la chiusura della ferita. Ciò dipenderà in gran parte dalla tempistica in relazione all’intervento che ha prodotto l’incisione, la profondità della deiscenza, la posizione del incisione e se l’infezione è presente. Vediamo di seguito le tre modalità di chiusura di una SWD:
- La chiusura primaria può essere indicata se si è verificata entro 48 ore dall’intervento ed è chiaramente il risultato di un problema tecnico, in questo caso nessun altro problema ha contribuito all’SWD, ovvero non vi è tensione eccessiva sull’incisione e non ci sono segni di infezione.
- La chiusura secondaria è spesso utilizzata nel SWD superficiale ( non oltre il tessuto sottocutaneo) con o senza infezione. Può anche essere utilizzato in una deiscenza più profonda ( interessa la fascia muscolare o impianti/organi) dove c’è un alto rischio di SSI, è presente un’infezione o dove la chiusura primaria non è possibile, ad es. a causa della perdita di tessuto. La ferita guarirà con la creazione spontanea di un nuovo tessuto che si genera dal fondo e dai bordi della ferita.
- La chiusura primaria ritardata, a volte indicata come guarigione per intenzione terziaria, è principalmente utilizzato nella gestione di SWD più profonde, dove il l’incisione è contaminata o infetta, o dove il rischio di recidiva di deiscenza è alto a causa di comorbidità o gonfiore sottocutaneo / viscerale che metterebbero in tensione un’incisione risuturata. Quando arriva il momento della chiusura primaria, è possibile utilizzare effettuare la sutura o creare un lembo o un innesto cutaneo se rimane un difetto tissutale.
Quando vi è una SWD che non guarisce per intenzione primaria occorre detergere e mantenere pulita la lesione gestendola secondo i principi del TIME (Tissue, Infection or Infiammation, Moisture imbalance, Epidermal margin): tale acronimo definisce i componenti fondamentali da considerare nella preparazione del letto di ferita e che corrispondono ad anomalie fisiopatologiche la cui correzione facilita il processo fisiologico di guarigione. Questo schema è dinamico e permette un approccio completo al trattamento delle lesioni, inoltre, risulta utile per valutare l’efficacia di un trattamento . Tale approccio deve prendere sempre in considerazione le comorbilità e gli ostacoli alla guarigione di ogni singolo paziente che vanno valutate e tenute sotto controllo coinvolgendo gli specialisti all’interno di un team multidisciplinare10.
Possiamo dire, quindi, che per gestire al meglio una SWD occorre :
- Iniziare un debridement (autolitico o chirurgico) in presenza di tessuti non vitali.
- Gestire la carica batterica in presenza di infezione locale o nel prevenire un infezione in pazienti che sono a rischio con soluzioni e medicazioni antimicrobiche ( es. iodio, argento e PHMB),per un periodo di 2 settimane, se l’infezione si è risolta, altrimenti si prosegue per altre due settimane rivalutando al contempo il tipo di medicazione utilizzata.
- Gestire l’essudato con una medicazione che sia in grado di mantenere un ambiente umido, proteggere la cute perilesionale e assicurare un adeguato intervallo tra le medicazioni.
In generale, possiamo dire che l’eliminazione dello spazio morto nell’ SWD più profondo è importante per prevenire l’accumulo di fluido che può aumentare il rischio di infezione, le medicazioni avanzate in questo senso acquisiscono un ruolo importante.8 A tale scopo la NPWT risulta particolarmente adatta per ferite deiscenti profonde o complesse, infatti, la NPWT è stata utilizzata per la gestione di un’ampia gamma di tipi di ferite acute e croniche per più di 20 anni e ,ad ’oggi, è il trattamento “gold standard” per le SWD addominali e sternali. 8 La NPWT, nello specifico, soddisfa le esigenze di guarigione umida delle ferite, permettendo di gestire l’essudato, eliminare lo spazio morto e proteggere dalla contaminazione esterna facilitando la riparazione mediante guarigione per seconda o terza intenzione. Per quanto riguarda la gestione dell’infezione, recenti raccomandazioni ,sull’uso di NPWT, affermano che dovrebbe essere usato solo come un trattamento aggiuntivo nella gestione dell’infezione della ferita utilizzando ad esempio garze impregnate di PHMB o una schiuma all’argento.8 Di recente sono state sviluppate NPWT con istillazione per consentire la somministrazione di soluzioni topiche, come la soluzione salina e agenti antimicrobici, sul letto della ferita mantenendo un sigillo impermeabile. Durante l’ introduzione periodica della soluzione nel letto della ferita, la pompa del vuoto viene arrestata per un breve periodo, quindi riavviato fino al successivo episodio di instillazione. La NPWT con instillazione può essere utilizzato nella gestione dell’infezione nelle ferite acute e croniche perché riduce la carica batterica, tuttavia, resta ancora molto da imparare su quali soluzioni di instillazione utilizzare, quando e per quanto tempo.8
Conclusioni
L’ infezione del sito chirurgico è una potenziale complicanza associata a qualunque tipo di intervento chirurgico e che esercita un effetto considerevole sulla morbilità, mortalità ,qualità di vita del paziente e sui costi supplementari a carico dei sistemi sanitari e degli utenti.
I progressi nella chirurgia e nell’anestesia hanno portato i pazienti più fragili con molte comorbilità e , quindi a maggior rischio di SSI, ad essere presi in considerazione per un intervento chirurgico. Inoltre ,negli ultimi decenni, la durata del ricovero è costantemente diminuita, contribuendo probabilmente a spostare il peso del problema dagli ospedali ai servizi ambulatoriali. Inoltre le infezioni associate agli impianti possono non manifestarsi fino a un anno dopo l’intervento. Per questa ragione, si raccomanda la sorveglianza post-dimissioni istruendo i pazienti e i caregiver a riconoscere tempestivamente segni/sintomi che facciano sospettare un infezione.
La maggior parte delle infezioni del sito chirurgico sono prevenibili adottando misure e raccomandazioni basate sull’evidenza nelle fasi pre, intra e postoperatorie dell’assistenza per ridurre il rischio di infezione. Questi includono pratiche cliniche e chirurgiche che riducono al minimo il numero di microrganismi introdotti nel sito operatorio, prevengono la moltiplicazione di microrganismi nel sito operatorio, migliorano le difese dei pazienti contro le infezioni e impediscono l’accesso di microrganismi nell’incisione dopo l’intervento.
Attualmente la gestione del sito chirurgico, nel post operatorio, è affidata all’utilizzo di medicazioni interattive che siano in grado di proteggere la ferita dalla contaminazione gestendo essudato, sanguinamenti e dolore al fine di promuovere la guarigione. Ci sono evidenze sempre più crescenti e rilevanti che dimostrano l’efficacia della NPWT nel prevenire le SSI, resta ancora poco chiara la scelta del sito chirurgico e del paziente a cui applicarla, tenendo conto dei costi elevati di tale tecnologia. Attualmente rimane il “gold standard” per la gestione delle deiscenze chirurgiche in particolare addominali e sternali.
Si raccomanda di essere prudenti nell’uso della terapia antibiotica per la prevenzione e la gestione delle SSI. Il trattamento deve essere guidato dal sito della SSI, dalle condizioni del paziente e dalla diagnosi microbiologica. Se incriminato, il trattamento chirurgico deve essere intrapreso il prima possibile dopo la diagnosi dell’infezione. Il tipo e l’entità del trattamento chirurgico dipendono dall’entità e dalla gravità dell’infezione, dal tipo di intervento chirurgico e dalla presenza di un impianto.
Alfonso Cardilicchia è un infermiere specialista in vulnologia e lavora attualmente presso la Struttura Complessa di Geriatria all’Ospedale Civile di Baggiovara (AOU di Modena).
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Conflitti di interesse
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